CARLO CASINI
Cronaca

Brozzi-Peretola-Piagge Borghi sospesi Quant’è lontana Firenze dalla piana

Un tempo comunità agricole, oggi le frazioni sono saldate alla città ma solo a livello di confini comunali. La microcriminalità fa sentire la distanza dal centro. Ma le tante realtà sociali stanno aiutanto il territorio

di Carlo Casini

A guardare la mappa di Firenze con criteri meramente orografici, a buon diritto parte della Piana sarebbero anche Isolotto, Legnaia, Rovezzano. Eppure il pezzo di Firenze cui corre la mente quando se ne parla, sono le terre alluvionali lungo la via Pistoiese che fino al 1929 facevano parte del Comune di Brozzi.

Un tempo punteggiate di borghi agricoli che avevano ognuna una propria individualità: Peretola, Quaracchi, il capoluogo Brozzi e i due minori di Petriolo e La Sala, che invero la propria identità sociale l’hanno sempre avuta più debole, giacché erano sì parrocchie, ma urbanisticamente saldate agli altri maggiori. Questo lembo di Piana, ora stretto tra due ferrovie e il muro dell’A1, pur nelle distinzioni rionali, mantiene un’identità comune. Basti pensare, già che l’Italia si fa a tavola, alla quantità di piatti iperlocali che manitene: i ranocchi, il papero, la pecora rivendicata da San Donnino, altra frazione che faceva parte del Comune di Brozzi. Ci sono poi le Piagge, il nuovo rione cresciuto senza tante regole e in piena emergenza abitativa negli anni ’80 per tirare su in fretta e furia edilizia popolare. Senza servizi né collegamenti, né diventarono un borgo, né mai parte integrante di Brozzi. L’impianto del quartiere contravveniva ai più basilari insegnamenti di sociologia urbana e si sviluppò un moderno ghetto dove devianze, microcriminalità trovarono terreno fertile. "Per il distaccamento fisico della Pistoiese e quello sociale dal vecchio borgo, Le Piagge e Brozzi fanno fatica a sentirsi un’unica realtà, ma possono e devono esser considerate Brozzi", spiega Roberto Zinanni, presidente della Casa del Popolo. Il lavoro per ricucire questo territorio è stato lungo e paziente e tanto è stato il lavoro dell’associazionismo in questo senso. Certo impareggiabile per quanto imperfetto è stato l’ormai trentennale lavoro di don Santoro: pur non immune da critiche, ha lottato per i diritti e l’integrazione di questi nuovi pària brozzesi, ma soprattutto ha saputo coinvolgere nella sua comunità cristiana i più giovani che trovavano nela violenza l’unica forma di identità rionale.

Poi sono arrivati i negozi, la Coop che è la nuova piazza, il percorso ciclopedonale lungo l’Arno, l’AslCasadellasaluteCasadellacomunità, e altri sono in arrivo: i due più attesi sono la nuova tranvia che giocoforza sposterà qui il baricentro commerciale del quartiere, e il parco Florentia. Insomma, per paradosso adesso chi sente incombere il peso dell’abbandono, della perdita di identità, ora sono proprio i borghi vecchi. Anche se, a oggi, la lontananza dal centro sembra la cartina tornasole della percezione dell’insicurezza sociale: un esempio tra tanti è lo spaccio ai giardini: non mancano neppure nella vicina Peretola fenomeni simili, come lungo il Fosso Macinante, ma sembrano crescere via via che ci si allontana: in via del Pesciolino, via Alli Maccarani.

Analoga cosa per l’abbandono di rifiuti. A caccia di una nuova identità di comunità, un tempo terra di lotte operaie, questi rioni ritrovano ora una lotta comune: quella dei sorvolati. Ma qui emerge il dna fiorentino, che vede contrapporsi guelfi e ghibellini sulla nuova pista o meno come soluzione al rombo dei jet.