CARLO CASINI
Cronaca

Nostalgia cabine telefoniche, quel gettone per chiamare gli amici. Le cornette eroiche che resistono a Firenze

Il nostro viaggio tra gli ultimi avamposti di un tipo di comunicazione sconosciuta ai più giovani. Ma c’è un risvolto della medaglia: se non curate, diventano ricettacolo di degrado e sporcizia

La protesta dei commercianti in via Aretina per la vecchia cabina telefonica diventata ricettacolo di sporcizia (Foto Marco Mori/New Press Photo)

La protesta dei commercianti in via Aretina per la vecchia cabina telefonica diventata ricettacolo di sporcizia (Foto Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 8 luglio 2024 – Prima c’erano quelle gialle, a disco. Poi negli anni ‘80 furono sostituite da quelle arancioni. Con la tastiera. Inizialmente si pagava con gli spiccioli o i gettoni, che ben presto divennero indebitamente una moneta parallela. Alla fine valevano 200 lire, il costo di uno scatto. Poi arrivarono anche le schede telefoniche, che diventarono oggetti da collezione, alcune con quotazioni stellari, fino a 10mila euro.

Erano le cabine telefoniche, spazzate via dai cellulari. Provarono nei primi anni 2000 a competere offrendo l’invio di sms e fax, ma fu il canto del cigno. Un’era geologica fa nelle telecomunicazioni. D’accordo, le nostre italiche non saranno state iconiche come quelle rosse inglesi; però erano una presenza familiare in città, non facevi duecento metri senza trovarne una.

Negli anni ’90 gli adolescenti le usavano per fare gli scherzi telefonici o chiamare le fidanzatine; quelli di oggi, non sanno neppure come funzionano. Ora, inutilizzate, molte sono state smantellate, alcune sono pure in vendita su internet a prezzi che per costo al metro quadro, compreresti un appartamento. Ma qualcuna eroicamente resiste. Veterane sconfitte dalle truppe digitali, ma pronte a tornare al fronte in caso di crisi: se ti rubano il telefono o se parte la rete cellulare in un mondo dove ormai pochi hanno il fisso, sono il tuo unico appiglio. Tim a Firenze le ha dismesse "come previsto dal piano nazionale avviato lo scorso anno a seguito della delibera Agcom che supera l’obbligo di fornitura del servizio universale e tiene conto dei nuovi modelli di comportamento – spiega l’azienda – Le postazioni stradali ancora presenti, circa la metà del totale, rientrano in un processo di valorizzazione del patrimonio storico della telefonia pubblica che trasformerà la cabina tradizionale, nata negli anni ’50, in uno sportello multiservizi di nuova generazione".

Nel 2019, in città risultavano ancora 157 cabine telefoniche e 159 ‘cupoline’, per un totale di 316 postazioni pubbliche. Adesso dal sito di Tim risultano ancora 208 postazioni: non è dato sapere quante siano cabine e quante cupole, ma si vede che 170 si trovano sulla pubblica via, 32 in esercizi commerciali e 6 negli ospedali. Tim manterrà le postazioni nei luoghi di rilevanza sociale: ospedali, caserme, carceri e nelle postazioni prive di copertura radiomobile.

Elemento nostalgico del panorama urbano, preziose alleate in caso di emergenza sì; ma c’è anche il risvolto della medaglia: possono diventare vettori di degrado, vespasiani improvvisati o discariche. Soprattutto quando viene tolto il telefono, ma resta la cabina: come in via Aretina a Varlungo, davanti al bistrot ‘La bottega di Evan’. "C’era un cartello che annunciava ‘La cabina sarà dismessa il 1° ottobre 2023’ – spiega Silvano Evangelista, titolare dell’ esercizio – Hanno levato il telefono ma non la cabina. Così, vuota e inutilizzata, si sta trasformando in una rimessa di rifiuti che nessuno pulisce". Tim, interpellata sulla questione, fa sapere che sono state disposte le attività di pulizia e sistemazione di tale cabina.

Sul lato opposto della città, all’incrocio tra via Bronzino e via Francavilla, c’è un altro bistrot dove hanno tolto la cabina telefonica davanti e la si ricorda con affetto: "Era caratteristica, in sua memoria abbiamo ribattezzato il tavolo d’angolo ‘Telecom’ – ride Alessio Boretti, titolare de La Piccola Botte –. Ma ho una proposta: piantiamo un albero per ricordarla e per combattere il calore del cemento".