Anche il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Sesto Fiorentino rispetto al divieto di caccia nel territorio di Cercina. Vittoria, per l’amministrazione sestese, che segue quella già ottenuta al Tar. La vicenda prende le mosse da una ordinanza del luglio 2019, a firma del primo cittadino Lorenzo Falchi, che istituiva lo stop alla caccia in una porzione di circa tre chilometri nei dintorni della località collinare di Cercina dal successivo 24 agosto al 15 dicembre di quell’anno. La scelta - come si leggeva chiaramente nell’atto - derivava dai "reiterati esposti con richiesta di provvedimenti per inibire l’attività venatoria, da parte di cittadini residenti o proprietari di fondi" che si trovano nell’area cercinese. Fra l’altro in zona sono presenti attività agricole e turistiche con particolare afflusso di turisti in alcuni periodi dell’anno che, più volte, avevano manifestato disagi e timori per la vicinanza con le doppiette. Decisione, quella del Comune, contro cui si erano rivolti al Tar Arci Caccia e Comitato Federativo Provinciale Toscana e Associazione Libera Caccia Segreteria Provinciale. Il Tribunale amministrativo, però, aveva dichiarato improcedibile il ricorso perché il provvedimento impugnato, ovvero la prima ordinanza, era stato poi superato da un atto successivo, anche in questo caso un’ordinanza, la 527 del settembre 2020, con cui il sindaco Falchi aveva fatto un passo successivo inibendo la caccia per una porzione di territorio comunale pari a circa cinque chilometri quadrati sempre nei dintorni di Cercina. Provvedimento, questo, valido, ogni anno, dall’apertura della stagione venatoria fino alla prima domenica di dicembre, inglobando anche l’area già oggetto della precedente ordinanza.
Le associazioni che avevano presentato il ricorso al Tar non avevano impugnato la seconda ordinanza che rende stabile il divieto proponendo un ulteriore appello al Consiglio di Stato sulla prima. Da qui la sentenza del ‘secondo grado’ da cui emerge "che non vi è alcun interesse alla verifica della legittimità di un provvedimento che non risulta più eseguibile ma efficace". Il ‘documento’ del luglio 2019, infatti, da tempo ha esaurito i propri effetti mentre quello dell’anno dopo ha regolato diversamente la materia. Tutti i motivi di appello presentati, dunque, sono stati ritenuti infondati nell’udienza pubblica del 5 dicembre a Roma in cui la causa è passata in decisione. Il divieto di caccia a Cercina quindi resta.