MONICA PIERACCINI
Cronaca

Caldo torrido, lo sfogo di un operaio: "Io, sui tetti a 44 gradi, dico che è ora di fermarsi"

"Facciamo impermeabilizzazioni, in questi giorni è pericoloso". Ma le aziende tirano dritto. I sindacati: "Oltre una certa temperatura i titolari possono ricorrere alla cassa integrazione"

Un operaio al lavoro su un tetto

Un operaio al lavoro su un tetto

Firenze, 22 luglio 2023 – ”Sono giornate d’inferno, mentre lavoriamo possiamo arrivare a percepire fino 43 o 44 gradi. E’ una follia, dovremmo fermarci". Alessandro è costretto a una convivenza forzata con il solleone di questo luglio che non dà tregua. Fa l’operaio, lavora sui tetti nell’area della piana. "Mi occupo di impermeabilizzazione, lavoriamo con le guaine e vi posso assicurare che dalle 10 del mattino alle cinque del pomeriggio è un incubo".

Acqua sempre a portata di mano, sali minerali pronti all’uso, testa bagnata ogni pochi minuti. Alessandro conosce tutti i tricchi del mestiere. Ma è dura lo stesso. "Fino a mezzogiorno si tiene botta, poi c’è la pausa pranzo e tornare a lavorare alle una, sopra i 35 gradi, è un disastro. Cosa chiedo? Un protocollo nazionale. Ma anche le aziende qui dovrebbero capire quando fermarsi e i lavoratori imporsi di più. Ma da un lato ci sono le consegne, dall’altro molti anno paura di perdere il posto...".

Lavorare con temperature che sfiorano i 40 gradi. Il primo pensiero va agli operai sui cantieri, che sono in effetti tra quelli che rischiano di più il colpo di calore, ma anche di infortunarsi, perché con la spossatezza e si è meno concentrati. A Firenze sono tantissimi i cantieri aperti: la tramvia, la A1, in partenza la Tav, ma ci sono anche tanti ponteggi in piccoli cantieri privati. In quelli più importanti le aziende hanno organizzato i turni con ingressi anticipati, pause lunghe, lavoro notturno, se possibile, ma anche aree refrigerate e integratori a base di sali minerali. Ci sono però altri lavoratori a rischio.

Per esempio quelli che producono il cotto e che lavorano in ambienti che raggiungono i 47 gradi. Situazione difficile nella logistica, sia per chi lavora nei magazzini, ma anche per chi esce con il furgone a effettuare una consegna dopo l’altra. Lo stesso si può dire dei rider consegnano pizze e cibi vari all’ora di pranzo agli impiegati seduti in ufficio con l’aria condizionata. "Ma la situazione è difficile anche in alcune strutture sanitarie" dice Giancarla Casini, della segreteria Cgil. "All’ospedale di Ponte a Niccheri non c’è aria condizionata in alcune sale operatorie, un problema non solo per il personale sanitario, ma anche per i pazienti". Non mancano, infine, i rischi per chi lavora nel commercio e nel turismo.

In alcuni negozi, dove si vendono cose di seconda mano, si lavora stando in piedi per ore senza aria condizionata. I più fortunati hanno un ventilatore. Nei ristoranti cuochi e i pizzaioli stanno per ore esposti ad alte temperature, rischiando di collassare. Senza contare le guide e gli accompagnatori turistici.

“E’ una situazione esplosiva nell’area fiorentina", sottolinea Marco Carletti, della Fillea Cgil Firenze e per questo, ribadiscono i sindacati, bisogna seguire le linee guida dell’Inail, fare controlli, sensibilizzare le persone e i datori di lavoro e prevenire situazioni di pericolo. "In edilizia, - commenta Stefano Tesi, responsabile della Filca Cisl Firenze - la soluzione migliore per evitare colpi di calore, che possono essere fatali, è organizzare i turni in modo da far lavorare gli operai fino alle 12 e poi ricorrere alla cassa integrazione, che può scattare sopra 35 gradi".

Le aziende, in questo caso, non hanno l’obbligo di comunicare ai sindacati il ricorso alla cig. "Da quanto però ci risulta, su Firenze - prosegue Tesi - nessuno ha fatto ricorso alla cassa integrazione a causa di questa ondata di calore". "Bisognerebbe fare un salto culturale".