Pietro Mecarozzi
Cronaca

L’inferno nel sito dell’Eni di Calenzano. Manutenzione nel mirino, altri documenti al setaccio

Le indagini sull’esplosione. Perquisizioni nella ditta di trasporti dell’autista che segnalò anomalie. La Procura di Prato si concentra sul guasto alla pensilina: “Dovuto a condotte scellerate”

Firenze, 12 dicembre 2024 – Ruota tutto attorno alla baia numero 6. Nell’area della ’manutenzione straordinaria’. È lì l’origine del disastro, di questo sono ormai convinti gli inquirenti, ma manca l’innesco e su questo sono al lavoro i consulenti, gli stessi della strage di Capaci. E proprio a quella si riferiva Vincenzo Martinelli, l’autista della Bt trasporti, rimasto inghiottito dall’inferno di fuoco del deposito Eni di Calenzano (insieme ai colleghi Carmelo Corso e Davide Baronti), quando ha scritto una lettera, indirizzata alla società che “gli aveva contestato un inadempimento contrattuale”. A riferirlo agli inquirenti ieri è stato F.P., suo collega che lo aveva persuaso di mettere nero su bianco problemi e pericoli.

E così i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Firenze hanno bussato alla porta della società di trasporti con in mano un decreto di perquisizione firmato dal procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, a caccia di quella lettera e di altri documenti.

Nel corpo della missiva “veniva fatto riferimento a un disservizio relativo alla baia 6”. “La circostanza – è scritto – potrebbe avere rilievo ai fini della ricostruzione e delle eventuali responsabilità penali”. Un blitz che arriva a poche ore dalle perquisizioni nelle sedi Eni (i cui responsabili proprio ieri hanno chiesto e ottenuto un incontro segretissimo in prefettura a Firenze) e della Sergen, la società di manutentori al lavoro proprio tra le pompe 6-7: due, Gerardo Pepe e Franco Cirelli, dilaniati dallo scoppio mentre un collega, operaio metalmeccanico, ferito ma sopravvissuto è stato sentito dagli investigatori direttamente all’ospedale di Careggi.

Perché il fulcro di tutta la vicenda sta proprio lì, nelle “manutenzioni straordinarie in atto”, punta il dito la procura. “Secondo i primissimi elementi la fuoriuscita di carburante sarebbe avvenuta nella parte anteriore della pensilina di carico carburante e che questa sia stata chiaramente dovuta all’inosservanza delle rigide procedure previste, e che le conseguenze di tale scellerata condotta non potevano non essere note o valutate dal personale in loco... la circostanza che vi fosse in atto un’attività di manutenzione di una linea di benzina – è scritto ancora nelle carte dei pm – corrobora l’ipotesi che vi siano state condotte eziologicamente connesse all’evento disastro”.

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Le cinque vittime della sciagura di Calenzano all’impianto Eni: tre erano autotrasportatori, due operai manutentori

A confermare il lavoro di manutenzione in corso al momento dell’esplosione è stato anche un autista di autobotte che mentre era in fila ad aspettare il suo turno ha visto fuoriuscire del liquido che all’inizio sembrava acqua e che poi, dall’odore, si è rivelato essere gas. “Ho visto degli operai che stavano lavorando a dei tubi di grandi dimensioni”, è stato il suo primo racconto ai soccorritori. Mentre stava andando via c’è stata l’esplosione. I pm vogliono capire anche se le difficoltà erano note e rimaste lettera morta, attraverso le acquisizioni alla Bt: se c’erano altre segnalazioni di dipendenti che lamentavano problemi, disservizi. In un impianto seduto su una montagna di combustibile, in un sito a ’rischio elevato’, significa pericolo. Ed è quello che si cerca nelle carte. “Accertare se presso il sito fossero in atto situazioni di pericolo per i lavoratori”.

Manifestazione a Calenzano dopo l'esplosione al deposito (Foto Germogli)

Le indagini sul disastro costato la vita a cinque persone (ventisei quelle rimaste ferite tra cui due gravissimi al centro ustionati di Pisa) continuano senza sosta. Ieri mattina sono stati prelevati i primi campioni di Dna da quel che resta dei corpi delle vittime.

Saranno tre medici legali, un genetista forense e un antropologo – che si aggiungono ai due super periti incaricati dal pm Tescaroli con il quale aveva già collaborato per la strage di Capaci – a dover analizzare i cadaveri. I primi avvisi di garanzia sono quindi nell’aria. Per ora le contestazioni ipotizzate dalla procura sono omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, reati entrambi aggravati dalla violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro; disastro colposo e rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Proprio quest’ultimo reato è punibile fino a 10 anni e consente l’adozione di misure cautelari.