Firenze, 16 dicembre 2024 - Un incrocio tra le informazioni messe nere su bianco, nei vari piani di sicurezza del deposito Eni di Calenzano, e quello che constateranno i superconsulenti (esperti di esplosivi e di impiantistica industriale), anche tramite il sopralluogo all’area del sito in programma quest’oggi. Si preannuncia un’inchiesta lunga e delicata, quella avviata dalla procura di Prato sul perché dell’esplosione avvenuta lunedì scorso, costata la vita di cinque persone, tre autisti che alle 10.20 di sette giorni fa stavano caricando la propria cisterna con il carburante, e due operai della ditta Sergen, più il ferimento di altre nove persone, di cui due ancora molto gravi ricoverate all’ospedale Cisanello di Pisa, reparto grandi ustioni.
Le carte. Carabinieri del nucleo investigativo di Firenze e personale Digos della questura hanno immediatamente acquisito, reperendolo tra le macerie post esplosione del deposito “Eni Refining & Marketing“, il “piano di Emergenza interno - Medical Emergency and Response Plan’’. E’ stato redatto da due ingegneri - uno addetto al servizio di prevenzione e protezione del sito di via Erbosa, l’altro con il ruolo di direttore dello stabilimento - e “vidimato“ da figure di vertice dell’Eni, quale il responsabile del servizio prevenzione e protezione, il security manager ed il circular economy manager.
Ma la procura, guidata da Luca Tescaroli, non si è accontentata delle carte presenti al deposito Eni. In prefettura è stato infatti acquisito il piano di sicurezza esterno riguardante l’intera area, rinnovato qualche mese fa, e direttamente nelle sedi di Eni e Sergen i carabinieri hanno prelevato documenti relativi ai lavori che erano in corso sulle corsie del rifornimento.
Le due manutenzioni. Ma c’è un primo giallo riguardante gli interventi in programma. Dai lavori sarebbero state interessate due linee. Sei addetti della Sergen stavano lavorando a una linea dismessa da riconvertire al gasolio Hvo, diesel di ultima generazione dalle emissioni inquinanti più contenute. Ma alla linea accanto, la 6, pare che si stesse lavorando, anche con l’ausilio di un carrello elevatore, a un problema dell’impianto di recupero vapori. Condizionale d’obbligo perché, tramite una nota, Eni ha precisato che “tale secondo intervento era sì previsto in esecuzione nella mattinata, ma fisicamente non ancora iniziato e pertanto non in corso al momento dell’esplosione”. Eni ha precisato anche che avrebbe operato “altra ditta autorizzata”, il cui nome non è ancora emerso.
Il vapore. Da un video, realizzato da una delle telecamere interne del deposito (recuperate nonostante l’incendio e la devastazione), si nota chiaramente una densa nuvola di vapore che si sprigiona nella zona del carico e dove, frazioni di secondo dopo, parte l’esplosione. In quella atmosfera esplosiva i consulenti ricercheranno l’innesco. Tra le ipotesi, proprio quella del carrello, che tramite un meccanismo elettronico o uno sfregamento metallico, potrebbe aver acceso la scintilla.
I testimoni. Oltre alle immagini, ci sono anche alcune testimonianze oculari che, oltre alla nuvola, visibile nei video, hanno visto uscire copiosamente liquido dalla zona interessata dai lavori. “Ero in fila ad aspettare il mio turno, ho visto degli operai che stavano lavorando a dei tubi, ho visto uscire roba e pensavo fosse acqua. Poi ho sentito puzzo e sono andato indietro”.