di Stefano BrogioniCALENZANOIl piano di sicurezza del deposito Eni di Calenzano, teatro dell’incidente dello scorso 9 dicembre dove hanno perso la vita cinque persone, era tarato sul rischio incendio. È quanto fa sapere l’Eni in merito all’ipotesi di "sottovalutazione" del rischio legata ai danni subiti dagli immobili nel raggio di diverse centinaia di metri. Ad infrangere vetrate, far cadere soppalchi, scardinare portoni, è stata l’onda d’urto: figlia non dell’incendio (che è stato domato in tempi piuttosto rapidi dai vigili del fuoco e dai sistemi interni della raffineria), ma appunto delle esplosioni verificatesi a partire dalle 10,20 di quella mattina di quasi trenta giorni or sono.
"Ogni valutazione nell’ambito dei piani di emergenza e rischiosità dell’impianto è stata fatta nel totale rispetto della normativa applicabile e in relazione alle attività tipiche di un deposito di idrocarburi, materiale che intrinsecamente non è a rischio esplosione ma deve essere trattato e messo al sicuro rispetto a caratteristiche di incendiabilità - spiega Eni in una nota -. I piani pertanto non possono avere sottostimato potenziali impatti derivanti da un rischio di esplosione poiché non lo contemplano per la natura del materiale trattato dall’impianto stesso".
"Le circostanze - prosegue Eni - che invece hanno portato all’evento esplosione, con i conseguenti impatti esterni, cause che sono in corso di accertamento, presentano caratteristiche tecniche e scientifiche che richiedono approfondimenti ed esulano dai contenuti dei piani di sicurezza esterni o della normativa applicabile all’esercizio dell’attività tipica del deposito. Fatta questa dovuta precisazione, confermiamo che Eni ha dato da subito la propria disponibilità al risarcimento dei danni indipendentemente dall’accertamento di ogni eventuale responsabilità".
Tra le ipotesi che si fanno sempre più largo, mentre i superconsulenti della procura di Prato sono al lavoro per depositare già in questo mese le proprie conclusioni, è che il boato avvertito - più di uno, probabilmente tre - anche a chilometri di distanza da via Erbosa, possa essere attribuibile allo scoppio di una o più autocisterne, avviluppate dalle fiamme mentre venivano rifornite.
Sono tre anche i conducenti deceduti: Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti. Sono invece due - Franco Cirelli e Gerardo Pepe - gli operai morti che stavano facendo lavori di manutenzione al corridoio tra la baia 6 e 7. Secondo quanto riscontrato sinora dalla procura, i due si trovavano su un carrello e per intervenire su una linea dismessa avevano rimosso dei dispositivi di sicurezza. A un certo punto, come dimostra un video acquisito dalla procura, su di loro è cominciato a piovere carburante.
A tale proposito gli inquirenti hanno acquisito documentazione relativa anche ad altri lavori programmati al sito di Calenzano, ma che la mattina del 9 dicembre non erano ancora cominciati. Una richiesta di documentazione da parte degli investigatori che, fa sapere ancora Eni, è stata "prontamente soddisfatta in sito e che soddisferà ove richiesti o necessari". Nessuna carta è stata infine prelevata "in sedi Eni diverse da Calenzano".