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Sul progetto della terza torre della Regione a Novoli "è calato il silenzio". E il silenzio non è piaciuto al...
Sul progetto della terza torre della Regione a Novoli "è calato il silenzio". E il silenzio non è piaciuto al consigliere comunale della lista Schmidt Paolo Bambagioni e allo stesso ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt. "Il progetto è stato annunciato fin dal 2022, ma dopo le elezioni non si è più parlato di questo. È sempre stato detto che la terza torre rappresentava l’occasione per razionalizzare le spese e migliorare il quartiere. Vorrei sapere se questi obiettivi ci sono sempre oppure no. Qui si va contro al principio dei volumi zero". Bambagioni ha fatto alcune proposte: "Se è vero che si realizza un giardino all’interno allora che sia fruibile anche alla cittadinanza all’esterno - ha polemizzato il consigliere - se è vero che si realizzano dei parcheggi allora che siano utilizzabili anche per chi abita nel quartiere. Capisco che ci siano questioni di sicurezza ma non è bello creare questo muro". Sia Bambagioni che Schmidt hanno detto che sul progetto non "si è coinvolto il quartiere di Novoli, non si è parlato con qualche comitato che lì è vivo. Si sono fino ad oggi ignorate le istanze del territorio". In generale sulle scelte urbanistiche Bambagioni ci è andato giù pesante: "Funaro deve tirare su la schiena. In viale Belfiore", dove nel 2025 aprirà un hotel-studentato, "la struttura è un cazzotto nello stomaco. È invasiva, imponente. Non è una questione di gusto ma di invadenza degli spazi. Si predicano piste ciclabili, ma poi quando si ha in mano le leve del potere urbanistico non si sanno utilizzare".
Per Schmidt "la presenza di un muro di cinta, terribile, che divide la sede del potere dal contesto urbano, e dai cittadini contribuenti, rende l’idea di un potere impenetrabile. Quel muro di cinta non deve essere tirato su". Insomma il progetto e il "silenzio" dei dem non hanno convinto i due. "Siamo indietro di 100 anni, in piena tecnocrazia novecentesca", ha sentenziato l’ex direttore degli Uffizi.
Niccolò Gramigni