Firenze, 22 novembre 2024 – In cella a Sollicciano senza acqua calda, senza riscaldamento, tra le cimici. Il tribunale di sorveglianza emette un’altra ordinanza severissima contro il carcere “disumano”: il giudice Susanna Raimondo ha infatti accolto gran parte delle doglianze presentate dall’avvocato Gianni Salocchi per conto di un suo assistito (I.P., un “definitivo“ che ha già passato circa tre anni dietro le sbarre) e ordinato all’amministrazione penitenziaria di intervenire sulle carenze ormai croniche.
Entro sessanta giorni, il carcere dovrà assicurare “la ripresa degli interventi già programmati di efficientamento energetico e sostituzione degli infissi, di manutenzione delle coperture e delle facciate”, dovrà provvedere alla “realizzazione delle dorsali degli impianti idrico-sanitari in vista dell’adeguamento dei servizi igienici”, e completare la “centrale idrica di accumulo e gruppo spinta” oltre che intervenire alla “manutenzione cucina 1”.
Per quanto riguarda le cimici,il tribunale di sorveglianza ha ordinato “di provvedere all’adeguata disinfestazione di tutti i locali di soggiorno e pernottamento della popolazione detenuta, degli arredi, del corredo e del vestiario” al fine di eliminare i parassiti, “anche predisponendo la temporanea chiusura a rotazione dei reparti allo scopo di un’integrale eradicazione”.
E se nei sessanta giorni successivi al deposito dell’ordinanza, datato 19 novembre, Sollicciano non ha dato seguito ai dettami del giudice, scatterà il trasferimento del detenuto “in un diverso istituto ove siano garantite le minime condizioni di vivibilità”.
Per l’avvocato Salocchi non è solo una vittoria in tribunale, ma un successo anche dal punto di vista sociale ed umano. Il giudice Raimondo, le cui conclusioni probabilmente sono destinate a non restare isolate, è entrata anche nel merito di alcune questioni non certo secondarie riguardo alle condizioni di vivibilità dentro al carcere.
Ricordate l’ordinanza di un altro giudice di sorveglianza sull’acqua calda non così necessaria? “Sebbene la corte di Cassazione abbia ritenuto che la mancanza di acqua calda nelle celle configuri una situazione di ’mero disagio’ e non di violazione di diritti fondamentali - scrive il giudice -, va considerato tuttavia che il ’grave pregiudizio’ resta integrato allorché la mancanza di acqua calda nelle camere integri a pieno titolo uno dei rilievi da tenere in considerazione nella valutazione generale delle condizioni di detenzione, a causa dell’effetto cumulativo che tale fattore determina insieme alle altre condizioni in concreto valutate. Orbene, nell’istituto di Sollicciano, già particolarmente degradato, infestato da cimici, affetto da scarsa igiene, soggetto ad infiltrazioni idriche frequenti, materassi logori ed altre gravi carenze, la mancanza di acqua calda corrente in cella contribuisce cumulativamente a rendere la condizione detentiva particolarmente disumana e degradante. A ciò va aggiunto che ai detenuti di Sollicciano non è sempre possibile effettuare la doccia quotidianamente anche perché l’impianto è gravemente carente e spesso l’acqua, soprattutto nelle sezioni poste ai piani superiori, non arriva”.