RogariNon entro nel merito del provvedimento di trasferimento della direttrice di Sollicciano. Il vero punto è un altro. Per riconoscimento conclamato, accertato e condiviso dopo quarant’anni e passa di abbandono delle Murate, si tratta di un luogo di pena che aggiunge alla pena prevista dall’ordinamento, ossia la restrizione della libertà individuale, una serie non prevista e non contemplata di pene aggiuntive. Il freddo d’inverno e il caldo d’estate. Il sovraffollamento che accentua i tassi di convivenza difficili nelle celle, per usare un eufemismo. I parassiti, come cimici e pidocchi, che imperversano. L’esposizione, di conseguenza, a malattie infettive riconducibili a questi insetti e potrei continuare. Tutto questo si può configurare come tortura inflitta a persone che dovrebbero essere colpite solo nel bene prezioso della restrizione della libertà e che lo Stato dovrebbe continuare a tutelare sotto ogni altro aspetto, compreso il diritto alla salute. Proprio questo ci fa dire che i cambi di direttore lasciano il tempo che trovano se il ministero non interviene in modo deciso e netto e con risorse adeguate per mettere il penitenziario nelle condizioni di rispondere ai principi costituzionali della redenzione tramite la pena.
Di recente, il ministro Guardasigilli ha obiettato in merito alla difficoltà che incontra costruire nuovi istituti. Certo richiedono tempi lunghi e invece con Sollicciano siamo di fronte all’emergenza. Quello che di sicuro è possibile fare in tempi stretti è un risanamento per lotti. Non è impossibile creare condizioni di vivibilità d’estate e d’inverno con adeguati impianti. Non è impossibile risanare il carcere dai parassiti. Non è impossibile restituire alle celle una vivibilità che sia conciliabile con una dimensione umana di pena degna di un paese civile. Poi resta aperto l’impegno quotidiano dei detenuti per i quali il vuoto prevalente si alterna al pieno di pochi momenti della giornata o della settimana, rigorosamente cadenzati. Il vuoto va riempito con l’educazione al lavoro. Questo è il viatico al riscatto e alla salvezza e questo deve essere proposto al detenuto, nella più fedele adesione al dettato costituzionale.