Firenze, 3 marzo 2019 - Dodici ‘baroni’ dell’Università di Firenze che lavorano a Careggi sono ancora con il fiato sospeso. Rischiano la misura cautelare dell’interdizione dal loro ruolo universitario per aver influenzato – secondo la procura del capoluogo toscano – le politiche dell’Ateneo sui concorsi da bandire e per avere influito sull’esito, elargendo cattedre ai predestinati.
Mentre il gip, Anna Liguori, ha già interrogato tutti e 12 i prof, anche se l’inchiesta coinvolge pure l’attuale direttore generale di Careggi, Rocco Damone, e il suo predecessore, Monica Calamai, dalle carte depositate emerge uno spaccato del mondo universitario e ospedaliero che antepongono il potere o il vantaggio personale alla ricerca scientifica e alla salute dei pazienti.
A innescare la bomba, è stato ‘uno di loro’. Ma non organico a quello che lui denuncia essere un ‘sistema’: si chiama Oreste Gallo, è un professore associato di Otorinolaringoiatria che per anni ha atteso, invano, che venisse bandita la cattedra da ordinario nel suo dipartimento per partecipare al concorso.
Dalla sua denuncia alla finanza, si è innescato un potenziale terremoto: mesi di intercettazioni, telefoniche e ambientali, e adesso il rischio di misure per prof eccellenti.
Proprio dalle telefonate e dalle cimici che registrano le conversazioni negli uffici e negli ambulatori dei prof emerge un universo torbido, fatto di intrighi e astuzie, di relazioni sessuali clandestine in corsia, di desideri morbosi di potere, di rivalità tracimate oltre i livelli di guardia. E poi truffe, mazzette, fondi per la ricerca utilizzati indebitamente.
In una conversazione di gennaio 2018 tra l’allora prorettore all’Area medica dell’Università, Paolo Bechi (indagato e ora in pensione) e il professore ordinario di Anatomia patologica Marco Santucci, direttore del dipartimento universitario di Chirurgia e medicina traslazionale, i due ammettono di perseguire l’obiettivo di impedire la progressione di carriera a Gallo, a causa delle sue condotte censurabili (mobbing a specializzandi, a una ricercatrice e al collega associato), anziché promuovere un’azione disciplinare nei suoi confronti, per paura che lui li denunci.
Nonostante le critiche sulla moralità di Gallo, Bechi ammette che «scientificamente lui è bravo» e dunque se dovessero bandire un concorso per ordinario in Otorinolaringoiatria «sono convinto che lui lo vinca». Sebbene il prorettore sostenga che i pazienti di Gallo si facciano curare a Prato e che il concorso lo vincerebbe anche «perché il suo collegio è fatto da mafiosi e lui ce l’ha favorevole».
Non solo avanzamenti di carriera fermati, ma anche fondi gestiti fuori dall’ordinario. Sempre in una conversazione fra i due prof, Bechi e Santucci, emerge che una nota professoressa tratterrebbe per sé una parte consistente dei fondi destinati alla ricerca scientifica che probabilmente gestisce in virtù del suo ruolo. E qui affiorano altri scenari, sempre più inquietanti.
Soprattutto sulle morti in corsia e in sala operatoria. In un altro colloquio, sempre fra Bechi, stavolta con il prof Marco Innocenti, direttore di Chirurgia plastica, ricostruttiva e microchirurgia a Careggi, saltano fuori 50 casi di presunti omicidi preterintenzionali che lo stesso Innocenti ha consegnato a Filomena Autieri, responsabile dell’Accreditamento, qualità e risk management di Careggi, la quale avrebbe svolto un’indagine interna (un audit) durato otto mesi, senza esito, perché «viene insabbiato tutto», come dice Innocenti a Bechi.
In questo clima pesantissimo si parla anche di mazzette per saltare le liste d’attesa. E’ ancora il prorettore a parlare. E citando una conversazione avuta con un’infermiera dice: «Lei sa bene come si fa a spostare le persone in liste d’attesa, eh c...! Ma io ’sta roba non la fo... non l’ho mai fatta e non la faccio... Sa bene lei come si fa: basta dare un po’ di soldi per metterla avanti in lista».