di Stefano Brogioni
Tutte le inchieste su Careggi, il Meyer e l’Università riunite in un unico procedimento. E per 33 persone, tra cui il gotha della sanità toscana e molti ‘baroni’ dell’Ateneo fiorentino, la procura vuole il processo. Appuntamento al 12 dicembre prossimo, dinanzi al giudice Fabio Gugliotta. Sarà una maxi udienza (per l’occasione è stata "prenotata" l’aula 29, una delle più grandi dell’intero palazzo di giustizia) anche per la nutrita presenza di persone offese che potranno costituirsi.
I pm Luca Tescaroli e Antonino Nastasi hanno infatti indicato nella loro richiesta di rinvio a giudizio tante “vittime” del presunto sistema dei concorsi che avrebbe orientato le decisioni e pilotato le scelte dei vincitori. In danno anche della stessa Università, le aziende ospedaliere di Careggi e Meyer, il ministero dell’Istruzione e del Merito.
Una "cattedropoli" al cui vertice, sempre secondo le accuse, la procura pone – contestando l’associazione per delinquere - un quartetto composto dall’ex rettore Luigi Dei, l’ex prorettore Paolo Bechi, l’ex dg del Meyer Alberto Zanobini (il cui incarico è appena terminato, nel mezzo anche una parentesi di tre mesi di misura interdittiva. Al suo posto è stato nominato Paolo Morello Marchese), l’urologo Marco Carini.
Nella gigantesca inchiesta, iniziata ormai sei anni fa con il primo filone d’indagini, vengono poi contestati episodi di corruzione, abuso d’ufficio e anche rivelazione del segreto d’ufficio, relativo all’esito di procedure concorsuali. La richiesta di rinvio a giudizio è stata notificata anche a due ex direttori generali di Careggi: Monica Calamai, oggi dirigente a Ferrara, e Rocco Damone, recentemente sostituito dal governatore Eugenio Giani (con Daniela Matarrese) ma in guerra con la Regione per il suo siluramento legato all’inchiesta.
Le indagini sono state condotte per anni dalla guardia di finanza. A partire da quel fascicolo iniziale avviato dal sostituto procuratore Tommaso Coletta che aveva messo gli occhi sul Consiglio di dipartimento di chirurgia e medicina traslazionale di Careggi, che, secondo le ipotesi accusatorie, senza rispondere alle reali esigenze, avrebbe bandito concorsi per vincitori predestinati.
L’inchiesta è andata avanti fino a coinvolgere alcune procedure relative al pediatrico Meyer, indubbia eccellenza sanitaria nazionale ma che non sarebbe rimasta esente alle influenze di un sistema che, con una gestione "privatistica" delle risorse a disposizione, avrebbe anteposto "le gestione preordinata della res pubblica in totale dispregio della normativa di settore e dei principi di meritocrazia".