Firenze, 30 luglio 2014 - E’ PRONTO. Con i lavori ormai ultimati da due anni e mezzo e addirittura molti arredi già allestiti (dai mobili pensili alle lampade al bancone dell’accettazione). Ma non ha mai aperto. Il nuovo padiglione di pronto soccorso Deas di Careggi è nato, e già invecchiato, ma non può essere inaugurato. Fondamentalmente per un motivo, incredibile ma vero: non è stata realizzata la rampa di uscita delle ambulanze. Manca lo spazio: i mezzi di soccorso che entrano al nuovo pronto soccorso non ne possono uscire. Se non, con una botta di ironia, a retromarcia. Per fabbricare la rampa sarebbe necessario abbattere una parte dell’edificio che attualmente, a Careggi, ospita l’Oculistica, in mancanza peraltro della certezza che la soluzione possa essere praticabile senza intaccare la stabilità dell’immobile attiguo al nuovo pronto soccorso.
UN PROBLEMA non banale che, anche senza riflettere troppo a lungo, suscita un interrogativo: com’è stato possibile che tutto ciò accadesse visto che, complessivamente, l’opera ha ricevuto due collaudi (statico e degli impianti meccanici) e un certificato di idoneità (impianti elettrici e speciali)? C’è una seconda complicazione che rischia di vanificare l’impegno economico sin qui sostenuto dall’azienda Careggi, dalla Regione e dunque dalla collettività: 13 milioni circa dei 20 appaltati, con regolare contratto, il 19 dicembre del 2007 all’impresa Impregilo spa: il nuovo pronto soccorso, così com’è stato realizzato, non risulterebbe funzionale alle necessità sanitarie. E per renderlo operativo sarebbe indispensabile mettere a disposizione il doppio del personale che attualmente lavora al pronto soccorso. E’ possibile che per aprirlo debbano essere fatti nuovi lavori oppure che il padiglione venga destinato ad altra attività sanitaria: ma anche in questo caso, sarebbero necessari costosi ritocchi. Il primo contratto d’appalto con Impregilo spa è del 2000 (all’epoca il direttore generale di Careggi era Claudio Galanti) e prevede «lavori di riorganizzazione funzionale e ampliamento delle chirurgie generali». L’attuale pronto soccorso viene inaugurato nel 2001.
MODIFICANDOSI negli anni le necessità sanitarie, nel 2007 cambiano anche le finalità, come si legge nel nuovo contratto d’appalto: «(...) al fine di costituire un corpo di fabbrica organico sotto il profilo funzionale, edilizio e impiantistico capace di soddisfare le esigenze sanitarie corrispondenti alle nuove finalità dell’intero complesso edilizio destinato al trattamento e alla cura a carattere intensivo e in regime di emergenza per tutti gli ambiti dell’azienda ospedaliera». Praticamente, e lo si legge chiaramente nella relazione firmata dal direttore sanitario Mauro Marabini del 2009 (il direttore generale è Edoardo Majno), c’è l’intenzione di riorganizzare l’ospedale secondo il modello per intensità di cure, e di realizzare questo padiglione «che costuitusce il nucleo centrale dell’ospedale, l’area dove si concentra la maggiore complessità tecnologica, assistenziale e spiecialistica legata allo svolgimento delle funzioni di emergenza e di alta specialità».
QUANTO al nuovo pronto soccorso, dovrà essere mega: dovrà accogliere, oltre al pronto soccorso generale, anche quello otorinolaringoiatrico, quello oculistico e quello del Cto. Partono i lavori, vengono ultimati. Il pronto soccorso non apre. Sempre rinvii. Perché? Nel febbraio scorso, il nuovo direttore generale di Careggi, Monica Calamai, alla guida dell’azienda dal luglio precedente chiede lumi al direttore del dipartimento Tecnico, Filippo Terzaghi. E tra loro inizia un copioso carteggio. La prima lettera, del 7 febbraio scorso, non lascia spazio a equivoci: «Questa direzione è venuta a conoscenza che risultano essere stati ultimati, oramai da due anni, i lavori del nuovo padiglione di Ps Deas, ma che lo stesso, ad oggi, risulterebbe inspiegabilmente vuoto e non operativo». Con un ammonimento: «Considerato che tale vicenda, se vera, impone alla direzione di svolgere ogni tipo di verifica sui motivi che avrebbero condotto alle inadempienze segnalate, con la presentesi chiede di relazionare (...) sui seguenti punti (...)». Ora chi risponde ai cittadini?