
Vittorio Carretti, titolare dello storico negozio di via Nazionale
Firenze, 16 giugno 2016 - Giù la saracinesca di Carretti, il re delle bilance e le affettatrici, una vita, anzi almeno tre, in via Nazionale. Si sgretola così un altro pezzetto di un’altra Firenze, quella tosta di una volta, votata testa e pancia al commercio ma con il cuore aperto alla strada. Una strada, via Nazionale, che ormai è solo una fronda metropolitana anonima e intasata cui non resta che vendere e svendere trolley, bocce di vino, ombrelli e pizze a taglio. Vittorio, 78 primavere, mise piede nel 1956 nella bottega aperta dal babbo Armando. Non si è più mosso. "Voglio bene a via Nazionale, ma non mi rinnovano più l’affitto. Le ho provate di tutte: non hanno sentito ragioni" stringe le spalle il titolare di un negozio amatissimo e non solo dai fiorentini.
E’ triste Vittorio? "Mi dispiace sì, ma tanto qui è cambiato tutto rispetto a una volta. Intorno a me vendono solo le magliette ai turisti...". Ma Vittorio non molla ("Riapro nel viale Gori il primo di luglio") e ci mancherebbe altro: può arrendersi ai tempi una ditta che sulla carta d’identità ha scritto ‘Fratelli Carretti, Calenzano, 10 dicembre 1870‘? No di certo. Ma il problema resta: cos’è oggi via Nazionale? E allarghiamoci: cos’è rimasto di Santa Maria Novella - che è pure via Fiume, via Faenza, via della Scala - fra un tramezzino rigonfio di prosciutto cotto e maoionese e un furgone in doppia fila che sbuffa fumo tra le gambe degli americani in fila indiana? Tra una lavanderia che prende solo i gettoni e una slot machine che invece si ‘mangia’ direttamente i soldi? Non è facile raccontare una strada che per i turisti è il primo ‘dormitorio’ più vicino alla stazione centrale e per i fiorentini l’ultimo ‘corridoio’ rimasto per andare a prendere il treno senza che l’occhio elettronico della Ztl immortali la targa della macchina? Ci sono gli ultimi ‘avamposti’, è vero. L’edicola di Paolo vicino a piazza dell’Unità, per esempio, o lo storico bar di piazza Indipendenza. Ma in mezzo imperversano i negozi comprati dai cinesi. Tutti uguali, senza offesa, l’uno con l’altro.
"E’ cambiata questa strada sì - insiste Vittorio - e un po’ mi dispiace andarmene, un po’ invece no. E non per la crisi, abbiamo sempre resistito, anche ai supermercati che vendevano i ‘pesapersone’ ma perché ormai ci sono troppi problemi: non sa quanta droga, per esempio, gira in piazza Indipendenza". Giù un'altra saracinesca allora e vediamo cosa succede domani. La voglia di rilanciare il centro storico c’è, la voglia di aggrapparsi con le unghie a quel che resta della tradizione, pure. Ma il trend, oltre i proclami, è questo e sempre impossibile arginarlo: sempre più passaggio, sempre meno passeggio. La qualità non è roba da mordi e fuggi e piuttosto che svanire nell’anonimato c’è chi fa preferisce le valige. Tanto per comprarsele in via Nazionale non c’è che l’imbarazzo della scelta.