FRANCESCO INGARDIA
Cronaca

Caso Giorgetti al finale. Delibera di contestazione: "Incarichi incompatibili"

Del Re ha depositato l’atto che avvicina il momento del voto in aula. Il consigliere e presidente di Toscana Energia ha 10 giorni per rispondere.

Il consigliere e presidente di Toscana Energia, Fabio Giorgetti

Il consigliere e presidente di Toscana Energia, Fabio Giorgetti

"Speravamo che la questione venisse risolta in via politica, ma così non è stato. Per questa incapacità di decidere, però, non può rimetterci tutto il consiglio rischiando l’omissione di atti di ufficio e un danno erariale. Pertanto, ho depositato la prima delibera che poi approderà in commissione e in consiglio, e che darà modo al consigliere di presentare le sue controdeduzioni". Il caso Giorgetti si è definitivamente sdoppiato. In attesa del pronunciamento dell’Anac e del Viminale sulla sua potenziale incompatibilità data la carica ricoperta dal 19 settembre scorso di presidente di Toscana Energia, sulla sua testa pende ora una seconda spada di Damocle.

Nella capigruppo di ieri, la pasionaria di Firenze Democratica Cecilia Del Re ha informato i leader di maggioranza e opposizione di aver depositato la "delibera di contestazione" della condizione di incompatibilità. Incassata dagli uffici la controfirma di regolarità tecnica dell’atto, a Giorgetti saranno concessi dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o eliminare le cause di incompatibilità, rinunciando quindi alla presidenza della partecipata. Ma il punto è che la delibera Del Re accelera il momento spartiacque che tanto agita il Pd: il voto del parlamentino nel Salone de’ Dugento - previo passaggio in commissione Affari istituzionali - tra la fine di gennaio e i primi di febbraio. Perché trascorsi i dieci giorni per le controdeduzioni "il Consiglio provvederà a deliberare definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di incompatibilità, inviterà l’amministratore - cioè Giorgetti, ndr - a rimuoverla, precisando che, qualora l’amministratore non vi provveda entro i successivi dieci giorni, il Consiglio lo dichiarerà decaduto", si legge nella delibera.

Del resto, a fronte del dritto (segnalazione corredata dal parere di parte pro veritate, più esposto alla Corte dei conti) architettato dalla controinteressata tra i non eletti Pd Patrizia Bonanni, del rovescio difensivo del legale di Giorgetti e del responso del segretario generale ("Ritengo ci possa essere una ipotesi di incompatibilità"), secondo Del Re "occorreva senza indugio dare avvio al procedimento previsto dalla normativa per la contestazione della incompatibilità".

In tutto questo Giorgetti propende per il basso profilo prolungato, fiducioso che l’Autorità nazionale anticorruzione gli offra la sponda giusta per uscire dall’angolo in cui è confinato. Anche per mano di buona parte del suo stesso partito, in imbarazzo crescente ancor prima per una questione di opportunità politica, ritenuta non chiarita a dovere dal diretto interessato.

"Per mia sensibilità, al suo posto, mi sarei dimesso", la bandierina critica piantata su La Nazione dal capogruppo dem Luca Milani sul finire dell’anno.

Il logorio interno alla ‘ditta’ per le spine di questa vicenda è tangibile. Quale sarà la linea interna al Pd al momento del voto? Partito compatto o lacerato dai franchi tiratori, rinfrancati dallo statuto del Comune che prescrive all’articolo 21, comma 3 nelle "questioni riguardanti persone" la votazione segreta?