Firenze, 19 marzo 2017 - E’ da lì che si vede, dalla rotonda del The Mall del Leccio, comune di Reggello. Per arrivarci si devono salire un paio di chilometri in auto per una stradina che attraversa il bosco, oltrepassare una manciata di case e un vero ecomostro di cemento abortito, progettato dall’architetto Pierluigi Spadolini negli anni ’70. Un prato tondo ed ecco questa costruzione in stile moresco, edificata nel 1605 per volere della famiglia Ximenes D’Aragona, proprietaria di Palazzo Panciatichi, sede della Regione. La storia del luogo è però più antica ed è fatta risalire all’epoca romana, tanto che nel 780 potrebbe esserci passato Carlo Magno, e avrebbe fatto battezzare lì il figlio dal Papa.
Un immenso portone, la scalinata monumentale alla Via col vento: dal 1970 al 1991 il Castello di Sammezzano è stato un albergo di lusso con 17 camere. E quel ‘coso’ nel bosco, era nato appunto per allargare l’offerta agli ospiti. Ma non è andata così. C’era una volta un uomo visionario, innamorato dell’Oriente dove non era mai stato: si chiamava Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, che riprogettò il Castello di Sammezzano tra il 1853 e il 1889. In quegli anni ideò, finanziò e fece realizzare il parco e il castello come piaceva a lui, fino a farlo diventare il più importante esempio di architettura orientalista d’Italia. Di là dal portone, le mille e una notte, e una magia è rimasta intatta.
Davanti agli occhi, mattoni, stucchi e piastrelle allineate sono ricami o disegnano una sorta di castelli di sabbia col gesso dai colori naturali. Specchi dove meno te li aspetti ingraniscono e danno profondità a stanze, volte e archi: i vetri colorati sono pensati per la luce. Come cambia il sole, a seconda dell’ora, una stanza, un corridoio, uno studiolo sono più o meno colorati, illuminati. E possono apparire cose in altri momenti invisibili. Una magia, compresa la doppia facciata, solare e lunare.
A Sammezzano il simbolismo e i motti appaiono tra le intercapedini di stucchi e gessi. Forse, è una sensazione, esiste un tesoro mai scoperto. Si confondono con le pareti con gli archi, con le piastrelle dove camminare o dove guardare la pietra grezza, le allegorie. Dalla costruzione del tempio dell’umanità, e quel richiamo scritto che simboleggia l’uomo nel suo stato rude e incolto. Si ripete in varie stanze il triangolo uno dei simboli più importanti della Massoneria, che sta sotto la denominazione di delta luminoso.
E c'è la simbologia della melagrana che al suo interno racchiude tanti piccoli semi assiepati uno all’altro che, nel loro insieme, costituiscono il frutto. Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona doveva essere un po’ come Salgari e come Verne, che raccontavano mondi lontani e meravigliosi senza averli visitati. Lui se l’era addirittura costruito il suo Oriente personale, e con quanto amore. Per le pareti e le stanze del suo castello faceva confezionare quel che gli occorreva in loco dalla manodopera locale adeguatamente istruita. Si entra e si prosegue tra giochi di luce e di colori fino ad arrivare a un altare con i segni delle tre religioni monoteiste.
E’ qui che è stato riprodotto in scala un ottavo della Sala del sultano di Teheran. Si può camminare su tappeti di maiolica che hanno resitito all’uomo nel tempo e nello spazio. E si può anche ammirare una fontana senza vasca che cambia colore a seconda del sole. Adibito nel dopoguerra a hotel, praticamente dal 1999 è in stato di abbandono e nell’ottobre 2015 il castello di Sammezzano è stato messo all’asta, ma senza alcun acquirente. Un pellegrinaggio di visitatori si prenota oggi sull’online, anche perché i suoi interni sono stati set cinematografici di alcuni film, tra cui l’ultimo, anno 2015, Il racconto dei racconti - Tale of Tales, diretto da Matteo Garrone.
Ma ci sono state anche ambientazioni d’interni per diversi altri: nel 1972 per Finalmente... le mille e una notte di Antonio Margheriti, nel 1974 per Il fiore delle mille e una notte di Pasolini, nel 1985 per Sono un fenomeno paranormale di Alberto Sordi, nel 1990 per Giorni felici a Clichy di Claude Chabrol, nel 2013 per il documentario di Antonio Chiavacci Il Leon Solingo, e per la fiction tv L’Oriana, diretta da Marco Turco e interpretata da Vittoria Puccini.
Alterne fortune lunghe più di una vita: ma come il Castello di Sammezzano è giunto a noi, così dovrà restare testimone del tempo. Allora, non arrivando alcuna sovvenzione statale o d’altro genere, un insieme di cittadini si è riunito in un comitato, Save Sammezzano, lanciando un progetto di crowdfunding che potrà essere sostenuto tramite la piattaforma Ulule: la donazione è libera e permetterà di costituire un ente giuridico per la tutela ma anche la fruibilità pubblica del Castello.
Mi hanno accompagnata in questo viaggio dentro al sogno il presidente del consiglio regionale, Eugenio Giani; Massimo Sottani, ex sindaco di Reggello, presidente del comitato che ha sempre sostenuto Sammezzano. E Gianni Ulivi, rappresentante della società proprietaria del castello. Il nobiluomo morì a 84 anni, dopo aver coronato il sogno di una vita. I piatti dei serviti incastonati al tetto fatto a cupola: ogni ottagono nasconde l’accesso a una scala a chiocciola. Un castello incantato dove la parola più riportata sui muri in vari codici è una: libertà.