"Offro questo spettacolo, come si offre ciò che si ha d più prezioso. È lo spettacolo in cui sono più nudo, senza pelle. È il più sincero, e per me il più importante". Giuseppe Cederna, il soldato che s’innamorava della prostituta Vassilissa nel film da Oscar “Mediterraneo“ di Gabriele Salvatores, ne ha fatta di strada. Anche letteralmente: affrontando percorsi difficili, scalando montagne aspre, percorrendo sentieri ai piedi dell’Himalaya. Nel suo percorso artistico, ha esplorato e percorso le parole. Quelle del teatro, quelle della poesia. Ieri sera ha portato in scena al teatro Le Laudi di Firenze il monologo “Non dimenticarti mai del cielo“. Un’ora di poesie, citazioni, suggestioni, illuminazioni a partire dalle parole di otto poeti. I proventi andranno all’associazione Call for Lebanon, che fornisce aiuti alle vittime libanesi della guerra in Medio Oriente. "È un’associazione fondata a Firenze di persone di varia nazionalità. Fra loro, c’è un professore di architettura, Alessio Paoletti, che ha insegnato a Beirut. Quando Israele ha cominciato a bombardare il Libano, si è reso necessario aiutare la popolazione ad affrontare l’emergenza".
Giuseppe, qual è il cuore dello spettacolo? "È la domanda ‘che cosa vuol dire essere umani?’. Cerco la risposta nelle parole di vari poeti, da Ungaretti a Kavafis, fino ad arrivare a Raymond Carver, lo scrittore americano più essenziale e asciutto, che medita su una frase di Santa Teresa. Una frase bellissima".
Ce la dica… "‘Le parole conducono ai fatti, preparano l’anima, la rendono pronta e la portano alla tenerezza’. In questa frase ci sono i fatti, l’anima, la tenerezza. Non è meraviglioso?".
Lo spettacolo è un inno alla forza della poesia. "Esatto. La poesia non è ‘noia’, come facilmente e superficialmente a volte si dice. La poesia è guardare nel profondo di noi. Non ci sono musiche o scenografie. Solo la forza delle parole".
La sua ricerca artistica è parallela alla sua ricerca umana. Fa ancora molti viaggi? "Assolutamente sì. Sono stato recentemente sotto le montagne dell’Himalaya, dove c’è un monastero che mi accoglie; quest’anno andrò in Cambogia a camminare. E ogni anno, per quasi un mese, con la mia compagna vado in una minuscola isola greca".
Un po’ come Kastellòrizo, l’isola di “Mediterraneo“. "In un certo senso sì. In questa isola siamo diventati parte di una famiglia. Non siamo ospiti, siamo membri della famiglia: alle 6 di mattina andiamo con loro a lavorare nei campi. Sono testimone di nozze di uno dei loro figli. Mi è accaduto qualcosa di simile a ciò che vive, in ‘Mediterraneo’, il mio personaggio".