OLGA MUGNAINI
Cronaca

Centenario omicidio di Matteotti: "Oggi viviamo una stagione simile"

Lo spettacolo è nato da un’idea di Riccardo Nencini. Protagoniste Meacci, Morozzi e Riondino

Centenario omicidio di Matteotti: "Oggi viviamo una stagione simile"

Riccardo Nencini, storico, politico e presidente del Vieusseux, con Daniela Morozzi

Il 28 ottobre 1922 migliaia di fascisti si diressero verso la capitale minacciando la presa del potere con la violenza, un evento prologo della "rivoluzione fascista", passato alla storia come ’La marcia su Roma’. Ed è anche per questo che lo spettacolo in scena al Puccini proprio domani sera (ore 21), pensato per il centenario dall’omicidio di Giacomo Matteotti, avvenuto il 10 giugno 1924, ha un valore e un significato ancora più profondo.

Si intitola ’Il corpo. Voci di donne nel delitto Matteotti’, il testo che nasce da un’idea di Riccardo Nencini – storico, politico e attualmente anche presidente del Vieusseux –, e rapprentato da Anna Meacci, Daniela Morozzi e Chiara Riondino, per la regia di Matteo Marsan.

Nel periodo del passaggio alla dittatura fascista, in cui si consuma il sequestro, l’omicidio e poi il ritrovamento del corpo del deputato socialista, sono le voci di 4 donne legate al destino dei loro uomini, a raccontare una stagione decisiva per il futuro d’Italia: Velia, moglie di Matteotti; Anna Kuliscioff, compagna di Turati; Julka Schucht, consorte di Gramsci; e Margherita Sarfatti, amante di Mussolini.

Presidente Nencini, ma cosa rappresenta oggi il ’martirio’ di Matteotti?

"Per molti aspetti viviamo una stagione simile a quella dell’omicidio Matteotti, tipica delle epoche di crisi socio-economica. Che riemerge non nelle modalità di cento anni fa, ma con fattori che si avvicinano".

E quasi sarebbero?

"Un uomo-donna solo al comando; durezza del linguaggio, amplificato dai social; crisi della democrazia parlamentare che viene considerta una perdita di tempo; crisi della politica. Il contesto è lo stesso. Quindi, ricorardare non l’eroe, ma chi ha fatto scelte decise e conclusive nei momenti di grande difficoltà, credo sia la cosa giusta".

Matteotti è un modello anche per oggi?

"Direi che il suo è un modello di vita, per la coerenza politica e per coraggio con cui applica quel progetto di coerenza. L’altro aspetto che si può evidenziare rispetto all’attualità, è lo scontro all’interno della sinistra, prevalentemente italiano, che si è trascinato per tutto il Novecento e che continua oggi. Tanto che il cosiddeto campo largo non si consolida".

E questo perché?

"C’è un massimalismo di fondo che il tempo non ha mai cancellato. C’era allora con i rivoluzionari filobolscevichi, negli anni Trenta col partito comunista fedele a Mosca, nel Dopoguerra con la frattura fra socialisti nenniani e comunisti di Togliatti, e fino a tutti gli anni Ottanta fra il Psi di Craxi e il Pci di Berliguer. C’è oggi fra i Cinque Stelle e gli altri partiti del centro sinistra, con differenze difficili da appianare".

Come se ne esce?

"Prendendo da Matteotti quello che chiamava riformismo rivoluzionario, e mettendo mano alla questione sociale in maniera moderna. E poi spogliando quest’Italia da una serie di partigianerie, rinunciando a una parte di sé in nome di un progetto che in qualche modo debba essere una specie di bestemmia in chiesa: pensare agli ’ultimi’, che non vuol dire più solo classe operia, ma ai disereditati, dal laureato che consegnano la pizza, agli insegnanti che dopo trent’anni hanno stipendi bassissimi".