Firenze, 29 agosto 2024 – Cesara Buonamici, se non fosse diventata giornalista cosa avrebbe fatto?
"Difficile da dire. Ero iscritta a Farmacia ma con molti dubbi, pensavo alla strada della ricerca, ma non ero convinta. D’altra parte appena mi si è presentata una occasione per la tv mi sono precipitata. Quindi ero molto giovane. Il provino a Telelibera andò bene e di lì ho cominciato, poi sono passata a Retequattro e poi a Canale 5. Ma tutto è cominciato a Firenze”.
Dal 1992 è volto simbolo del Tg5, ora anche direttore ad personam: non ha mai sentito l’esigenza di cambiare?
“Se cambiare significa fare un altro lavoro, mai. Ho avuto la fortuna di fare quello che desideravo per giunta in un telegiornale che nasceva con noi. Edizioni straordinarie, approfondimenti, commenti ti danno modo di spaziare in tutti i campi della professione e di non annoiarti mai. Quanto al volto simbolo, siamo in diversi a condividere questa posizione, che ti obbliga al rispetto del telespettatore, che proprio per questo si aspetta molto da te”.
La notizia che non avrebbe mai voluto dare?
“Non esiste. Si può essere rattristati, afflitti o avviliti, ma un giornalista la notizia la vuole dare, è lì apposta. Certo fa piacere dare certe notizie, tipo una scoperta nuova per la salute, o il salvataggio di vite umane o simili. È quello il nostro lavoro, nel bene e nel male”.
Da quando ha iniziato a oggi, come è cambiato il mondo del giornalismo?
“Il più grande cambiamento è avvenuto con la rete, dove accade di tutto. Alla stampa e alla tv spetta un compito chiave. Prima erano le uniche fonti e gestori dell’informazione. Ora devono dare un senso, un significato e una veridicità a quel flusso enorme simil verità e bufale che inondano i nostri computer e i nostri telefoni. Bisogna capire, distinguere, selezionare, avere fonti affidabili. Senza cedere alla tentazione di avvalorare la presunta notizia che ci piace e scartare quella che ci è sgradita. La competenza professionale resta decisiva, insieme all’onestà intellettuale”.
Opinionista al Gf: perché ha accettato di partecipare? Che esperienza è stata? E la prossima edizione come sarà?
“Ho accettato per curiosità, in fondo è un gioco ma anche un esperimento sociale, specie se uno non l’ha mai fatto. Vedi i caratteri, i comportamenti, i pregi e i difetti dei partecipanti, impari a guardare e a capire per poter intervenire. E poi mi sono divertita con Alfonso Signorini. Come sarà la prossima edizione? Dipenderà dagli ‘inquilini della casa’ ed è proprio questo che rende il Gf speciale. Saranno le personalità, il vissuto, le aspirazioni dei concorrenti a segnare la rotta”.
La sua famiglia era amica di Giovanni Spadolini. Lei come lo ricorda?
“Innanzitutto era un grande giornalista. Un oratore notevolissimo con grande padronanza dell’italiano, una memoria di ferro, uno scrittore di storia piacevole e un divulgatore E quindi un politico che amava tantissimo il suo Paese e Firenze. A lui si deve una curiosa innovazione politica da presidente del consiglio, l’inflazione programmata. Un espediente di psicologia collettiva che avviò la discesa dell’inflazione italiana quando questa era arrivata intorno al 20%. La storia personale di Spadolini è diversa da quelle dei politici di oggi. Giornalista, scrittore, storico, professore, direttore di giornale, Spadolini aveva un lungo curriculum e la politica era il coronamento delle attività precedenti. Oggi è raro trovare figure che rispondono a queste caratteristiche”.
Ha scritto i suoi primi articoli per il quotidiano fiorentino ’La Città’: che ricordi ha?
“Emozione e timore. Scrivere un articolo significa sottoporsi a un giudizio pubblico. Ho cominciato piano piano. Gli articoli me li accettavano e questa mi rincuorava. Ero molto giovane e non sapevo che strada avrei percorso. Sono stata fortunata”.
Il suo primo pezzo per La Nazione fu ‘Un tarlo rode Firenze’, oggi che scriverebbe?
“Sì, era un pezzo sulle antiche tavole di Santo spirito divorate dai tarli (ride, ndr). Rivedere i propri primi passi alla luce di decenni di professione ti ispira simpatia e comprensione per quella ragazza che cercava la sua strada. Dovessi scrivere oggi un articolo? Non certo sui tarli, ma su come è cambiata la vita e soprattutto la gioventù nella nostra città. Prima Firenze era una città certo conosciuta nel mondo, di modeste dimensioni e tuttavia con grandi spazi. Oggi il traffico e il turismo così numeroso riducono gli spazi a tutti e soprattutto ai giovani”.
Firenze è una città snaturata dai turisti? Il problema dell’overtourism come andrebbe affrontato?
“Il dilemma esiste in molti luoghi del nostro Paese. Le bellezze naturali storiche e artistiche, oltre al cibo, sono un richiamo irresistibile, e quindi anche fonte enorme di ricavi e di occupazione. Difficile rinunciarci. Ma nello stesso tempo c’è il tema del consumo, dello sviluppo, dell’impoverimento di queste ricchezze. Ci vuole una visione complessiva e serena per affrontare la questione. Il troppo stroppia, si diceva una volta. Troppi turisti divorano qualsiasi luogo. Quindi bisogna partire proprio da questa domanda: sono troppi? Se la risposta è no, il discorso è chiuso. Se invece la risposta è sì bisogna mettere a disposizione tutte le intelligenze e competenze per trovare progressive soluzioni”.
E la sua Fiesole come è cambiata?
“Fiesole è un gioiello tra le colline che dominano Firenze. È un comune fatto di tanti borghi, ma ciascuno ha mantenuto la sua identità. Ha il turismo, ma non le folle. È molto piacevole starci, a pochissima distanza da Firenze e tuttavia ricca di luoghi dove si può godere di una natura bellissima”.
Vivendo lontano per lavoro, quale è il suo legame con Fiesole?
“Ci torno appena posso. Un luogo che mi rasserena, senza rumori o inquinamento. Passare da Roma a Fiesole è un soffio di benessere. Mi sento, a distanza di tanto tempo, di ringraziare gli etruschi per aver scelto un simile posto per vivere e anche i Romani che dopo averla conquistata non l’hanno certo rovinata. Infine anche le amministrazioni che pur nella crescita e nello sviluppo, sono riuscite a mantenere Fiesole in quella dimensione intima, riservata, quieta che rende questa piccola città un luogo straordinario per viverci”.
Cosa chiederebbe alla nuova sindaca?
“Di far crescere questa terra così bella senza cambiarne la natura. Cambiare dove occorre e quando occorre senza cambiare se stessi. In fondo questo vale anche per le persone, credo...”.