Cesara contro Cesare. Dissidi fra i Buonamici

La conduttrice ha denunciato il fratello per stalking, ieri il rinvio a giudizio. Le accuse: intrusioni e controllo nella vita di lei e del marito Joshua Kalman. .

Cesara contro Cesare. Dissidi fra i Buonamici

Cesara e Cesare Buonamici in un’immagine di qualche anno fa

FIRENZE

Un rapporto familiare andato deteriorandosi fino alla denunce. E ora, al processo: Cesare Buonamici, 60 anni, imprenditore agricolo e presidente della Coldiretti di Firenze e Prato, è stato rinviato a giudizio per stalking nei confronti della sorella Cesara, giornalista e volto di punta di Canale 5, e del marito.

"E’ una storia triste, non ho niente da commentare", dice la Buonamici, raggiunta telefonicamente qualche ora dopo che il gup del tribunale di Firenze, Agnese Di Girolamo, ha rinviato a giudizio suo fratello.

La conduttrice televisiva è rimasta volontariamente assente all’udienza - c’era invece suo marito, il medico Joshua Kalman assieme al loro legale, l’avvocato Elisa Baldocci -; presente invece Cesare, accompagnato dal suo difensore, Massimo Megli. I fatti contestati, su cui nessuna delle parti in causa ha voluto dettagliare, sono collocati tra il 2021 e il 2023. Il contesto è quello familiare e professionale. I fratelli Buonamici sono infatti soci nell’attività di famiglia, un’azienda agricola con sede a Montebeni famosa per il suo olio ma non solo, oltre che residenti nel medesimo complesso nel territorio fiesolano, anch’esso oggetto e teatro delle dispute. Corrispondenza nascosta, intrusioni indebite nei conti correnti e nella vita della sorella (anche, secondo le accuse, interferendo nella decisione di celebrare il matrimonio con Kalman nella tenuta di famiglia), il tentativo di impossessarsi di alcuni locali dell’abitazione. Condotte che, secondo il pm Ester Nocera, avrebbero minato la "tenuta psichica delle vittime che va oltre il fine di creare un pregiudizio morale ed economico" di Cesara e Joshua.

Il fascicolo è quindi culminato nella richiesta di rinvio a giudizio. All’udienza di ieri mattina, l’avvocato Megli ha tentato di convincere il giudice, ma il gup ha ritenuto che ci fossero elementi a sostegno dell’accusa tali da supportare il processo. "Dispetti, dispettucci, a mio parere qualificati in maniera sconsiderata in stalking", dichiara il legale del presidente della Coldiretti.

Se ne riparla dunque in dibattimento, messo in calendario nell’ottobre dell’anno prossimo dinanzi al giudice Serafina Cannatà. Oppure chissà, forse ci sono i margini per una riappacificazione e un processo comunque doloroso per tutti potrebbe essere evitato.

stefano brogioni