Firenze, 6 dicembre 2019 - La pelletteria di Scandicci che produceva le borse per conto di Chanel era accusata di aver alimentato un mercato parallelo di prodotti della maison francese. Alla "Bianchi&Nardi", il noto marchio chiedeva un risarcimento della bellezza di quindici milioni di euro.
Ma ieri, in tribunale, la vicenda si è chiusa con l’assoluzione di Massimo Nardi, 64 anni, all’epoca dei fatti socio e amministratore della pelletteria scandiccese. Un processo stressante e lunghissimo. Iniziato nel 2015, ha subìto il cambio di tre giudici. Le indagini, condotte dai carabinieri, prendevano in esame un ampio periodo di tempo, fino al 2012; periodo in cui, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Giuseppe Ledda, il titolare della «Bianchi&Nardi» si sarebbe impossessato delle carte (vere) di autenticità delle borse che la maison gli forniva nell’ambito dei rapporti di produzione, le avrebbe infilate nelle borse fatte in sovrannumero o comunque fallate per impercettibili difetti, e le avrebbe rivendute poi su un suo mercato parallelo a prezzi significativi, ma assai inferiori al valore commerciale degli originali.
Condotta che nella ricostruzione della procura comportava due ipotesi di reato. La prima quella dell’appropriazione indebita di ben 3.617 carte di autenticità Chanel, a cui la maison ha attribuito un valore di 14 milioni di euro. La seconda, riguardante il delitto di fabbricazione e commercio di beni realizzati in violazione della proprietà industriale per aver prodotto e venduto al prezzo variabile tra gli ottocento e i mille euro, con offerta diretta a clienti amici nello showroom del laboratorio, un quantitativo imprecisato di portafogli, pochette o borse di varie dimensione e natura, usurpando il titolo di proprietà industriale della Chanel medesima. La Chanel si è ovviamente costituita parte civile nel processo dinanzi al tribunale di Firenze, richiedendo un risarcimento monstre : 15 milioni di euro, in totale, a cui hanno aggiunto una provvisionale immediatamente esecutiva di 800mila euro.
Dopo una lunghissima istruttoria, nella quale sono stati sentiti numerosi testi e anche consulenti della maison francese, il rappresentante della «Bianchi&Nardi», per il quale la Procura aveva comunque chiesto la condanna per il solo reato di usurpazione del titolo di proprietà industriale, difeso dall’avvocato Gianluca Gambogi, è stato prosciolto da entrambe le contestazioni. «La Bianchi&Nardi, vera eccellenza della produzione industriale in pelle del nostro territorio, ha quindi dimostrato la propria estraneità ai fatti ed ha quindi evitato un pesantissimo risarcimento», commenta l’avvocato Gambogi. Si tratterà di verificare se Chanel, dopo le motivazioni della sentenza pronunciata dal giudice Gallini, proporrà appello. © RIPRODUZIONE RISERVATA