Firenze, 5 agosto 2023 – C’era un nome che rimbalzava sulle pareti dei corridoi bui dell’ex hotel Astor nei giorni seguenti al rapimento della piccola Kata, il 10 giugno scorso. Urlato dalle donne, invocato dagli uomini. Quel nome era Carlos: considerato da tutti il ras indiscusso della struttura, che decideva il bello e il cattivo tempo della vita degli ex occupanti peruviani.
Lo stesso Carlos, nome completo Carlos Martin De La Colina Palomino, 37 anni, nato in Perù, è tra i soggetti che sono stati arrestati oggi dalla polizia per il tentato omicidio dell’ecuadoregno che si gettò da una finestra nello stabile occupato - lo scorso 28 maggio - per scappare alle violenze di un clan di occupanti, riuscendo a salvarsi quasi per miracolo.
Oggi per quella vicenda, che potrebbe essere anche in qualche modo intrecciata alla stessa scomparsa della bambina, sono stati arrestati per l’aggressione e l’estorsione altri tre cittadini peruviani: lo zio di Kata, Angenis Abel Alvarez Vasquez (detto Dominique), 29 anni; Nicolas Eduardo Lenes Aucacusi (detto Nicolas); Carlos Manuel Salinas Mena (detto Manuel), 63 anni.
Cappellino con visiera, muscoli strizzati in abiti griffati e tatuaggi ben riconoscibili, Carlos si era contraddistinto per essere il portavoce (con tanto di rappresentanza legale) degli ultimi inquilini peruviani che avevano posto resistenza alle procedure di sfratto ordinate dalla Dda di Firenze. "Abel (lo zio della piccola ndr) deve chiedere il mio permesso se vuole parlare con i giornalisti", ci tuonò mentre ci spingeva fuori dall’ex albergo al termine di un’intervista con l’uomo. Custode protettivo per le donne peruviane, che spendevano il suo nome nei momenti di difficoltà, il rapporto di Carlos con la famiglia della bambina scomparsa ha ancora dei lati grigi. Erano alleati? Erano soci in affari? Ci sono dei legami tra questa aggressione e la scomparsa di Kata? Le misure cautelari eseguite emesse dalla procura qualche brandello di verità la forniscono. La fabbrica del racket che si muoveva dentro l’ex albergo era suddivisa da tanti operai, ma da pochi capi reparti (schierati a loro volta in tre fazioni differenti). Fra quest’ultimi, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, ci sarebbero proprio i quattro indagati, tra cui Carlos e lo zio Abel, che nello specifico avrebbero attuato un primo pestaggio con una mazza da baseball, minacciando di morte una coppia di connazionali ecuadoregni ove non avessero lasciato la stanza.