Il grido più forte viene dalla Chiesa: non è sufficiente la solidarietà, ci vuole un approccio diverso. E basta volgere lo sguardo altrove come se i problemi non esistessero o non ci riguardassero. I problemi a Prato nell’altro distretto (parallelo e spesso illegale) fanno rima con mafia. Infiltrazioni molto pericolose su cui ha acceso i riflettori la procura guidata da metà luglio dal capo Luca Tescaroli.
Le diocesi di Prato e Pistoia dopo l’agguato squadrista a Seano hanno scritto chiaramente poche righe dal forte impatto: "Non possiamo girare la testa e pensare che tutto vada bene nel tessuto economico: le condizioni di tanti lavoratori del distretto tessile pratese, soprattutto di provenienza straniera, sono spesso inaccettabili".
Papa Francesco nella visita a Prato del novembre 2015 disse che "la vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, dello sfruttamento e il veleno dell’illegalità". Messaggio attualissimo.
L’appello è rilanciato dalla chiesa locale: "Non bastano manifestazioni e solidarietà, il tema della qualità, dello sviluppo e della salvaguardia del lavoro deve ritornare al primo posto nell’agenda politica con luci sempre accese, perché proprio nella penombra prosperano modi di fare illegali". Nella penombra si snodano i tentacoli della mafia, degli affari sporchi e del riciclaggio, dell’evasione fiscale.
Per queste dinamiche Prato è un caso nazionale ed esige attenzione proporzionata (che non ha). Serve altro per capirlo? L’altro giorno sono finite le indagini su alcuni imprenditori cinesi. Uno non ha pagato le tasse per venti anni. Qualche giorno prima a un cinese titolare di una ditta tessile è stata data alle fiamme l’auto e la sua foto è stata messa sopra una bara. Cinque cinesi andranno a giudizio per tentato omicidio nella guerra delle grucce. E gli esempi potrebbero continuare.