Firenze, 25 settembre 2020 - E' un'altra notizia che rivela la situazione molto complicata che vive il centro storico di Firenze, alle prese con il turismo che non decolla. Alle prese con una crisi post covid che si fa pesantemente sentire. La chiusura del Gran Caffé San Marco, raccontata da La Nazione, fa capire come sembra senza fine la serie di saracinesche che si abbassano per sempre. Anche saracinesche di aziende storiche, di locali molto conosciuti che hanno fatto la storia della città.
"Con i costi di gestione pre-covid e i fatturati post covid - dice Confesercenti - è alquanto arduo trovare un nuovo equilibrio per restare sul mercato".
Qualcosa "è stato fatto a livello locale e nazionale per provare a rendere possibile questo nuovo equilibrio, ma, in assenza di 15 milioni di turisti la forbice tra entrate ed uscite è così ampia che anche i cosiddetti 'aiuti di Stato' lasciano il tempo che trovano", sottolinea Santino Cannamela, presidente di Confesercenti Firenze.
Ora, finita la campagna elettorale per le regionali toscane, "occorre una vera e propria accelerata, e probabilmente anche un repentino cambio di direzione nelle politiche da adottarsi nel supporto a questa particolare tipologia di imprese".
Intanto, sottolinea, "basta con gli aiuti a pioggia e di natura assistenziale: occorrono provvedimenti mirati, per esempio sulle città d'arte ad alta densità turistica, e comunque di carattere strutturale non più bonus".
In questo senso l'associazione di categoria propone la "riforma degli ammortizzatori sociali, destinando risorse solo alle attività davvero in crisi e in difficoltà, avendo ben presente la necessità di difendere il lavoro e non il posto di lavoro in quanto tale".
E ancora: il taglio del costo della manodopera, attraverso i contributi del personale dipendente e il cuneo fiscale, e la previsione di nuove forme di flessibilità del mercato del lavoro, come i voucher, soprattutto per attività stagionali, turistiche e del commercio.
Confesercenti, poi, si sofferma anche sulle criticità legate allo smart working perché "il protrarsi di questa misura, soprattutto nel pubblico impiego, svuota le città e produce evidenti danni di carattere economico a molte attività. Infine fa una considerazione sul blocco dei licenziamenti, un provvedimento giusto per affrontare l'emergenza e per evotare "gravi tensioni di carattere economico e sociale".
Adesso, tuttavia, "non possiamo piu' perpetuare questa situazione di blocco artificioso del mercato".