
Umberto
Cecchi
Riletto oggi, Carlo Coccioli, questo scrittore alla ricerca delle verità più intime racchiuse nei suoi personaggi che nei suoi romanzi conduce piacevolmente per centinaia di pagine, accompagnandoli con una prosa scorrevole, assolutamente priva di orpelli, ricca di quei sentimenti che sempre più spesso sono una sorta di coraggiosa, quasi sfrontata, ma al tempo stesso sofferta autobiografia.
Si rivela ancor più, a vent’anni dalla sua morte, come una dei più significativi narratori del Nostro Novecento: da ‘Il cielo e la terra’ del 1950, dramma d’una guerra appena conclusa e ancora dolorosa, fino a ‘David’ dove il re d’Israele si spegne lentamente nel suo letto con accanto una giovane schiava, dialogando con il suo Dio a tu per tu. Nessuno prima era mai riuscito a compenetrare servo e divinità con la medesima forza. Altri dopo lo imiteranno a fatica.
Ho accanto, mentre scrivo, l’edizione ‘Vallecchi’ de ‘Il Gioco’, fascinoso repertorio di cose vissute a disagio e con ardore, anatomia di due creature che si amano e si lasciano. E sarà proprio l’amore, un amore sensuale, forte, consapevole, a coinvolgere l’uomo e lo scrittore, il quale pagherà la sua omosessualità con polemiche e cattiverie, e con un esilio volontario in Messico dove concluderà la sua vita. Per riflettere un momento sulla pochezza culturale e sociale di noi italiani bravi a chiacchiere ma paolotti nel pensiero, Coccioli, livornese purosangue e fiorentino d’adozione ma dimenticato, tradotto in oltre 15 lingue diverse, è molto più noto Salem e a Odessa che non a Roma o Firenze. Il suo ‘David’, finalista al Campiello è stato oggetto di seminari in America Latina e Inghilterra, ‘Il Gioco’, scritto in poche settimane nella vecchia casa di Arcetri, ha spunti e riflessioni di una attualità incredibile.
Le sue opere ora oniriche, ora aderenti a una realtà resa con irruente amarezza, intrise di sensualità, di abbandoni, di riflessioni sono state oggetto di saggi in mezzo mondo. Un po’ meno da noi. Ha scritto a lungo per questo giornale raccontando la vita del mondo, spiegando la fede non come destinata a un’unica idea, ma rivolta a tutte le forme di religione. Cattolico, ha seguito un itinerario fideistico complesso fino all’induismo e il buddismo, ma Dio comunque lo si chiamasse, era uno, e il ‘Piccolo Karma’, suo libro di fede offre più di uno spunto di riflessione di una attualità allucinante.
La sua prosa sempre quieta come un grande lago immobile, ma di forza irresistibile per arrivare alla conclusione, merita d’essere ricordata. C’è ancora un editore con la voglia d’essere tale, a restituirci alcuni dei capolavori di questo autore che scriveva in tre lingue?
A volte traduceva in italiano i suoi libri, spesso rivedendoli e rendendoli più accessibili per noi, che non li meritavamo.