REDAZIONE FIRENZE

Commozione al funerale di Vincenzo Martinelli, vittima dell'esplosione a Calenzano

Le figlie ricordano il padre con amore. Don Scaccini: "Morire sul lavoro è una sconfitta per la società".

In alto il funerale di Vincenzo Martinelli a Prato. A sinistra l’autista morto a Calenzano e accanto Carmelo Corso

In alto il funerale di Vincenzo Martinelli a Prato. A sinistra l’autista morto a Calenzano e accanto Carmelo Corso

"Ciao papà! Queste sono state le ultime parole che ci siamo detti prima di salutarci. Sei stato strappato alla vita troppo presto. Meritavi di vederci crescere e di raggiungere i nostri obiettivi". Inizia così il pensiero che le figlie Chiara e Federica hanno scritto per salutare il loro "supereroe" e fatto leggere ad un’amica di famiglia alla fine delle esequie del padre Vincenzo Martinelli, 51 anni morto nell’esplosione al deposito carburanti di Calenzano il 9 dicembre (sarà cremato). Un pensiero pieno di tenerezza come solo un amore filiale sa trasmettere, accolto nella commozione di un Duomo di Prato (città dove Martinelli viveva da anni) gremito di familiari, parenti, amici, colleghi. Nel pensiero letto in chiesa anche i progetti svaniti per un Natale insieme, il papà che se ne è andato all’improvviso. E’ mancata, hanno detto le figlie, "la possibilità di sentirti e vederti un’ultima volta, mai pìù abbracciarti o darti un bacio. Abbiamo sottovalutato la possibilità che un giorno potevamo perderti a causa del lavoro che facevi, non pensando che proprio a causa di quest’ultimo saresti andato via per sempre".

Le figlie hanno tratteggiato ancora il padre ricordando il carattere e le pasioni di Vincenzo Martinelli (amore per Napoli, i dolci e i motori): "Papà sei e sarai una delle persone più buone del mondo. Eri scherzoso e gentile, solare e dolce e tante volte ingenuo. Con i tuoi occhi grigio-azzurri ci facevi innamorare di te sempre di più. La cosa che più amavi al mondo siamo noi, le tue figlie; ci mancheranno tutti i momenti passati insieme, la tua risata, i tuoi scherzi, la tua gioia e tuoi occhi che risplendavano di luce propria e mancheranno anche le nostre litigate".

Il richiamo al fatto che non si possa morire di lavoro è risuonato con forza nell’omelia di don Daniele Scaccini, vicario generale della Diocesi di Prato. "Mi unisco al vostro dolore in punta di piedi, con la consapevolezza che ogni parola, alle tante dette e scritte in questi giorni, non attenuano il dolore e gli interrogativi di fronte alla morte improvvisa e per certi versi inaccettabile di Vincenzo – ha detto – Morire sul lavoro è segno di una società fragile, nella quale il primato della persona scompare, sostituito da altre attenzioni e interessi spesso non solo frutto di fatalità". Una lucida riflessione su un mondo, quello del lavoro, che reclama il diritto alla sicurezza.

"Se ancora oggi si muore di lavoro con una frequenza impressionante, significa che qualcosa non va; è una sconfitta per questa nostra società", ha aggiunto don Scaccini che ha chiesto di andare un po’ più in là, oltre le emozioni del momento. "Occorre da parte di tutti impegno e responsabilità, concretezza e scelte coraggiose, ognuno per la propria parte e responsabilità". Parole di conforto sono state indirizzate ai familiari, la mamma Agnese, i fratelli Pasquale e Bianca, oltre che alle figlie e a Rosa, l’ex moglie, avvolti in un abbraccio infinito di vicinanza di una Cattedrale strapiena a testimoniare la stima per Vincenzo. Erano presenti anche il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani e l’assessore pratese Marco Biagioni.

Sempre a Prato ieri, in forma privata, i familiari, gli amici ed i colleghi si sono stretti attorno a Carmelo Corso, 57 anni a fine gennaio, l’altro autostraspoprtatore che è rimasto ucciso nell’espolisione al deposito di carburanti Eni a Calenzano. Corso, originario di Catania, aveva scelto di vivere a Prato 31 anni fa: qui abitava insieme alla moglie Tamara, insegnante e ai figli Elena e Dario, a San Giorgio a Colonica. Una famiglia conosciuta, amata e stimata da tutti, come ha dimostrato la grande partecipazione al funerale. Anche Corso era una persona molto apprezzata per la sua generosità. E’ stato ad esempio un donatore di sangue dell’Avis di Prato, come anche il collega Martinelli. Infine nel pomeriggio di ieri a Bientina si è tenuto il funerale di Davide Baronti, un’altra delle cinque vittime dell’esplosione di Calenzano. Il prolungato suono del clacson di un’autocisterna ed un lungo applauso hanno accompagnato l’uscita del feretro dalla parrocchia di Santa Maria Assunta. Baronti lascia la moglie e due figli di 16 e 20 anni. Sono stati i colleghi insieme all’azienda Mavet, il fratello e la moglie a decidere di portare un’autocisterna davanti alla chiesa come gesto simbolico per ricordare Davide.

Sara Bessi