OLGA MUGNAINI
Cronaca

«Così mi fecero fuori dal concorso in Ateneo»

Parla la professoressa Zignego, la vittima del ’sistema’ che compare nelle intercettazioni della procura: «Ero un problema pesante»

La professoressa Anna Linda Zignego

Firenze 22 marzo 2021 - Offesa, amareggiata, delusa ma non arresa. Per questo ha deciso di presentare ricorso al Tar per quel concorso al centro della bufera dell’ateneo fiorentino. Anna Linda Zignego (nella foto) è la professoressa di cui si parla nelle intercettazioni dell’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica, candidata che sarebbe stata esclusa per far posto ad altri concorrenti. Professoressa Zignego, perché ha deciso di presentare ricorso? «Questa volta l’ho fatto – e chi non lo avrebbe fatto?– perché è un mio preciso diritto, come lo era partecipare a un concorso pubblico, dopo aver accertato di essere in possesso di tutte le prerogative che il procedimento dichiarava di considerare. Mi sono affidata ad un legale come l’avvocato Edo Biagini, e posso dichiarare senza timore di essere smentita, di non aver mai spedito denunce più o meno anonime: la mia modalità di reazione è stata la stessa, per ben due volte. Se questo è stato un problema, scusate il giro di parole, non è un problema mio».  Questo infatti è il suo secondo concorso, vero?  «Sì, dal 2017 ci sono stati nuovi concorsi per ordinario in Medicina Interna. E qui inizia la mia vicenda. Come trapelato dalle intercettazioni, mi sono regolarmente presentata anche al primo concorso con lo stesso risultato, come dichiarano gli stessi intercettati. Allora non feci ricorso al Tar. Stavolta invece sì». Lei è stata a lungo all’estero. E’ contenta di essere tornata, alla luce di quanto accaduto? «Ricordo le parole di un collega quando gli dissi che tornavo in Italia, che ho sempre amato e difeso ad oltranza dalle peggiori battute. “Ma cosa fai? Torni in quel paese maschilista? Non ti permetteranno mai di realizzare qualcosa. Risposi che non eravamo il terzo mondo e che intanto sarei andata e magari tornata. Ma dal primo gennaio del 1990 e i miei rientri all’Istituto estero si fecero sempre più brevi e diradati. Inviai però collaboratori che, come spesso succede agli italiani, si fecero stimare e mantennero a lungo la collaborazione. Così, dopo un decennio, è arrivata la vittoria di una valutazione comparativa e la relativa chiamata a Firenze come professoressa associata in Medicina Interna». Secondo lei si rischiano in futuro nuove fughe di cervelli? «Non lo so. Dico solo che ho ricevuto moltissimi messaggi sia da parte di colleghi delusi e inquieti che di studenti e, soprattutto, genitori di questi, preoccupati dell’intenzione dei figli di lasciare l’Italia per la completa sfiducia nella possibilità di raggiungere una posizione. E poi di progredire dignitosamente su percorsi prevedibili e trasparenti». E’ colpa del maschilismo? «Di sicuro i più preoccupati sono i genitori di giovani donne che, alla lettura delle intercettazioni che mi riguardano, hanno dedotto, ancora ai nostri tempi, un atteggiamento di esclusione, irritazione, verso “la femmina”. Che deve pensare una studentessa?». Qual è la sua visione ideale dell’Università? «Lo spiega bene nella lettera pubblica del direttore di medicina sperimentale e clinica, Francesco Annunziato, e che ho molto apprezzato. Si spiega che gli atenei sono chiamati a programmare la propria crescita negli anni. Più l’Ateneo ottiene risultati importanti, più alti sono i finanziamenti che arrivano, più cresce la possibilità di investire su nuovi giovani…In poche parole, “Fateci scegliere i migliori“».