GIOVANNI SPANO
Cronaca

Operazione alla testa, Careggi condannata

Risarciti a una donna quasi 600mila di danno biologico e patrimoniale . L’intervento causò ‘deficit del campo visivo e disturbi di personalità’

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Firenze, 2 febbraio 2020 - Operata alla testa a Careggi (2 ottobre 2012) per l’asportazione di un tumore M.G., architetto oggi 62enne ha riportato un danno biologico permanente per negligenze e scelte sbagliate, durante e dopo l’intervento. Il 30 gennaio il Tribunale-II sezione civile (giudice Maria Novella Legnaioli), riconosciuta la responsabilità dei sanitari ha condannato l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi a risarcire alla donna 89.080 euro per danno non patrimoniale e 503.104 per quello patrimoniale. La richiesta del legale dell’architetto – avvocato Vittorio A.Francois – era di 91.664 e 512.141,40, più 50mila euro perché "la vita di relazione dell’architetto è stata compromessa in ambito professionale, familiare e sociale". Respinti dal giudice i tentativi di Careggi di sterzare responsabilità, o corresponsabilità, su un chirurgo del ‘San Raffaele’ di Milano e sullo stesso ospedale dove la donna si rioperò, il 24 marzo 2013. Careggi dovrà rifondere 70mila euro alle parti citate a giudizio.

Secondo il consulente della professionista l’asportazione del tumore "era stata in pratica nulla perché i medici s’erano accorti che la procedura adottata (pterionale, cioè frontale-temporale-sfenoide anziché frontale-basale) non consentiva di raggiungere il tumore senza lesionare l’ipotalamo. Per questo avevano sospeso l’intervento". E fin qui. Ma – dice la donna – dopo l’intervento i medici non dissero nulla. Anzi: che "il tumore era stato tolto e sarebbero bastate delle analisi". Quattro mesi dopo scoprì la verità e fu operata a Milano.

La tecnica di intervento sbagliata; non dire che il tumore non era stato asportato e che erano necessarie cure e diagnosi; la mancata prescrizione di esami, di un eventuale trattamento coi raggi, avrebbero causato alla paziente – secondo il suo consulente – ‘lesione dell’apparato visivo, deficit funzionale neuropsichico, disturbo dell’adattamento con umore depresso’.

Per il Ctu del giudice e il giudice stesso però "la scelta dell’intervento e l’asportazione molto parziale del tumore possono ritenersi corrette" è stato decisivo – perché "non corretto" – l’utilizzo eccessivo o prolungato della spatola (per sollevare la calotta cranica, ndc) sul lobo frontale con grave lesione emorragica". "La spatola impiegata con pressione eccessiva – spiega il legale – determinò una sofferenza cerebrale".

La consulenza d’ufficio ha accertato i postumi invalidanti (al 15%): deficit del campo visivo, difficoltà nel camminare, disturbi di personalità e depressione. Complicazioni che hanno frenato la professione dell’architetto (specialista in progettazione degli interni di appartamenti, ville, alberghi, residence, negozi, barche) molto remunerativa.

Il danno biologico ha avuto come ricaduta "la perdita della capacità specifica di lavoro" con danno patrimoniale al 35%. Per Careggi invece "i danni lamentati erano stati provocati dalla crescita del tumore tra il primo e il secondo intervento, conseguente al fatto che la donna non si era voluta sottoporre a terapia radiochirurgica". E la scelta di non rimuovere del tutto il tumore non dipendeva da un approccio chirurgico errato, ma meno invasivo, per non causarle danni più consistenti". © RIPRODUZIONE RISERVATA