Firenze, 19 dicembre 2024 – Una lunga arringa, in un’aula elettrica, dove non sono mancati tensioni e allontanamenti dai banchi per le intemperanze. Al processo d’appello per il duplice omicidio dei coniugi albanesi Teuta e Shpetim Pasho sfiorato quasi lo scontro fisico tra i parenti delle vittime e i legali di Elona Kalesha. Un clima già respirato in primo grado, riacceso, ieri mattina, dall’udienza dedicata alla difesa dell’unica imputata su cui pende una richiesta d’ergastolo. Gli avvocati Antonio D’Orzi e Federico Febbo, chiedendo l’assoluzione, hanno cercato di sottolineare quelle che, dal loro punto di vista, sono le lacune della sentenza di primo grado che ha condannato a 30 anni l’ ex fidanzata di Taulant, il figlio della coppia di albanesi, trapiantati a Castelfiorentino, ammazzata e fatta a pezzi, i cui resti venne rinvenuti nel dicembre 2020 in 4 trolley abbandonati in un campo vicino al carcere di Sollicciano, a più di cinque anni dalla loro misteriosa scomparsa datata novembre del 2015. Il verdetto è atteso il 12 febbraio.
“Sono innocente”. L’udienza si è conclusa con la consegna di un scritto alla giuria, presieduta da Alessandro Nencini, da parte di Elona. “Non sarei mai stata capace di commettere quello di cui sono chiamata a rispondere - ha scritto di proprio pugno -. E’ un gesto talmente bestiale che non mi appartiene come indole”. “Ho avuto nella mia vita incontri sbagliati che hanno compromesso la mia esistenza e quella dei miei familiari. Ho fatto errori di frequentazione che tornando indietro non rifarei, i quali hanno segnato anche la mia famiglia per sempre. Purtroppo non si può tornare indietro ma mai e poi mai ho commesso il reato di cui mi si accusa. Sono innocente”.
Il rebus casa. Secondo la difesa, l’indirizzo dell’appartamento preso in affitto da Elona in via Fontana, non era stato tenuto segreto dalla stessa, ma era noto ai parenti di Castelfiorentino, dove per altro la coppia aveva dormito nella notte precedente al giorno in cui viene collocato il delitto, cioè il 1 novembre. In quell’appartamento, poi, i Ris non hanno trovato tracce quando ci hanno fatto accesso, cinque anni dopo. Ma, secondo la difesa Kalesha, non c’erano tracce evidenti di quella che sarebbe stata una mattanza neanche il 6 novembre 2015, quando nell’alloggio rientrò il proprietario ma anche una pattuglia della polizia, allertata dalla denuncia di scomparsa della coppia.
Il movente. La sentenza di primo grado non ha definito neanche cosa avrebbe spinto Elona, in concorso con una o più persone rimaste ignote, a uccidere i genitori del fidanzato. Un figlio concepito con un altro uomo mentre Taulant era in carcere? La rapina di una ingente somma in contanti del figlio (60mila euro?) che i Pasho si portavano sempre dietro? “Il movente è ignoto ma anche i concorrenti sono ignoti”, hanno detto i legali, contestando la possibilità che Elona, da sola, possa aver ucciso con un fendente alla schiena Shpetim e strangolato Teuta, depezzato i corpi e infine nascosto le valigie.