
La sede del Consolato Generale Usa di lungarno Vespucci è aperta dal 1861
Mentre le istituzioni cittadine, regionali e nazionali – nessuna esclusa – stanno provando a fare moral suasion nei confronti dell’amministrazione Trump affinché depenni dalla lista di Consolati Generali da chiudere quello di Firenze, il comitato di via Montebello (che riunisce centinaia di famiglie del quartiere), invece canta vittoria. E definisce l’addio della sede diplomatica Usa da lungarno Vespucci come una "liberazione". La protesta dei residenti non è nuova: già all’indomani della chiusura dell’area attorno al Consolato per motivi di sicurezza, nel 2002, creò non pochi dissapori, ma la promessa che quella ’zona rossa’ sarebbe stata a tempo determinato, sopì tutte le rimostranze. "E invece, poi, è divenatta definitiva con l’installazione di gigantesche fioriere di cemento e di una torretta di avvistamento che ricorda il Check point Charlie di Berlino ai tempi del Muro", si legge in una nota del comitato.
A causa della creazione di un’ampia area ’off limits’, per gli abitanti di via Montebello, Corso Italia, via Solferino e via Magenta sono inziati problemi e "disagi che negli anni sono stati fatti presente più volte al Consiglio comunale e alla Prefettura. Come abitanti del quartiere riteniamo che la sicurezza del consolato statunitense sia sacrosanta ma che se Palazzo Calcagnini è a rischio attentati allora è l’intero quartiere a correre quel rischio e non saranno certo le fioriere e la torretta a salvaguardarla. La soluzione più logica sarebbe stata quella del suo spostamento in un’area più protetta e lontana dal centro abitato".
Se, dunque, il governo statunitense – come confermato da Marco Rubio, segretario di Stato Usa, e da tutti i principali organi di stampa americani – dovesse davvero chiudere la sede consolare sul lungarno "per noi – aggiunge il comitato – non potrà essere altro che un sollievo e una “liberazione” dopo anni di disagi e di preoccupazione. Ciononostante la sindaca Funaro e il suo predecessore, Dario Nardella, da Bruxelles vogliono evitarne la chiusura in tutti i modi invocando un presunto impoverimento della città e un impatto ‘gravissimo’ per le imprese e gli studenti statunitensi presenti in città".
Da qui nasce lo stupore degli abitanti di tutto quel fazzoletto di Firenze: "Perché l’amministrazione comunale si preoccupa tanto per i turisti che dovranno fare i passaporti online? Non dovrebbe invece essere contenta di riappropriarsi di un pezzo di lungarno espropriato e di rendere un quartiere più sicuro e vivibile per i suoi cittadini?". Ora i residenti attendono una risposta dalla politica cittadina. Ma ier, sulla vicenda, è intervenuto anche il presidente della Toscana Eugenio Giani, che annuncia: "Nei prossimi giorni scriverò una lettera a Trump e all’ambasciatore americano in Italia". Nella sua missiva, il governatore ricorderà che il Consolato è presente a Firenze dal 1861, esercitando da sempre funzioni importanti, fra le quali quella del rilascio dei visti, che oggi viene esercitata solo in quattro consolati americani in Italia.
"Ritengo quindi che il chiudere il consolato americano a Firenze sarebbe scelta quanto mai inopportuna che ignora la storia, la presenza statunitense nella regione e l’accoglienza che la Toscana ha sempre dato al popolo degli Stati Uniti. La Regione lancia un accorato appello perché questo non avvenga: sarebbe un fatale errore della storia".
Antonio Passanese