La notte tra il 27 e il 28 ottobre 2021, all’altezza di Orbetello, Nunzio Carobene e il suocero Luigi Vitale vengono fermati sull’Aurelia da una pattuglia della guardia di finanza. All’interno della Volkswagen vengono trovati e sequestrati ben 182mila euro in contanti. Soldi, stando alle indagini, derivanti dalla monetizzazione finale degli illeciti e del vorticoso giro di false fatturazioni. Passano pochi giorni. Il 16 novembre dello stesso anno al casello Firenze–Scandicci viene fermata un’auto con a bordo Fabrizio Giannino e a fianco una valigetta con 192mila euro (in tagli da 50 e 20), che viene subito sequestrata. Giannino, si legge, era diretto a Livorno, incaricato da Ciro Sermone e Massimiliano Masi di consegnare le somme a Salvatore Quagliariello.
Seguire il denaro. E così decidono di fare anche gli investigatori. Da qui infatti parte la maxi operazione della Dda di Firenze, coordinata dal pm Leopoldo De Gregorio ed eseguita dalla guardia di finanza. Carobene, Sermone e Masi sono finiti in carcere. Mentre per Giannino è scattata la custodia domiciliare. Sono in tutto 17 gli indagati, 600 gli operai in gestione e al Gruppo Qcs, al centro della frode, e centinaia le cartiere nascoste in una grande matriosca aziendale sempre più tipica delle associazioni per delinquere.
La Qcs rimane comunque il quartier generale da dove tutto parte e dove tutto confluisce. Massimiliano Masi, considerato il capo del consorzio criminale, in un’intercettazione spiega a un possibile nuovo cliente del nord Italia la solidità della sua azienda: "Siamo nati nel 2012, copriamo un po’ tutti i settori, abbiamo cantieri a Cuneo, Torino... siamo forti su Modena, Bologna, lavoriamo in Ferrari".
Quando agli affari correnti: lo schema prevedeva la sostituzione periodica delle società facenti parte dell’ultimo anello della catena, le cartiere, e deputate solo al prelievo del denaro contante. "Vedi che bisogna spostare quei soldi sulla General (altra controllata ndr)", dice Sermone in una telefonata. Lo stesso Sermone, per la Finanza, risulta essere un referente del "clan De Luca Bossa", che conta altri esponenti nel territorio senese. Dove hanno trovato asilo anche sei delle società segnalate come afferenti alla galassia della Qcs. Sono la Gi.Ca, la Ma.Gi, l’Ares facility management, la Trade 74, la Guaranteed e la Dream Service srl.
Oltre alle acrobazie fiscali, i prestanome, e il sistema di apri e chiudi che ne hanno garantito l’anonimato, le società vicino al consorzio godevano anche di "consenso sociale derivante dalla possibilità di un’entrata economica per molte famiglie, gran parte delle quali stanziate in zone d’Italia caratterizzate da una pressante crisi economica che si riflette nelle condizioni di vita delle persone ivi allocate", si legge. Emblematico è il caso di una società operante nel settore della lavorazione delle carni i cui dipendenti, circa 180, con domicili in varie zone d’Italia, sono transitati da una srl all’altra, che mai hanno presentato dichiarazioni ai fini lva, pur avendo emesso e ricevuto una serie di fatture ed hanno compensato tributi Inps per 250mila euro con un fittizio credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Sui legami con i clan, gli investigatori, seguendo i movimenti di Masi e Carobene, hanno evidenziato che i due a maggio 2021, si sono recati in Campania per ’affari’. I due sodali si sono "dapprima fermati nel paese di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, paese di origine della famiglia Masi", per poi dirigersi verso la via Domitiana e giungere nel capoluogo Campano. Proprio nel paese di Sessa Aurunca, i due si sono incontrati con Giovanpaolo Verrillo, "persona che con ogni probabilità si è occupata di metterli in contatto con Vincenzo Esposito, pluripregiudicato e ai tempi sottoposto alla ’sorveglianza speciale per mafia". Nonché figlio di Mario Esposito, storica figura reggente del clan dei Muzzoni, pluripregiudicato e detenuto nel carcere di Opera (Milano) con fine mai. Con Vincenzo, i due avranno numerosi rapporti.
Pie. Meca.