Firenze, 14 aprile 2020 - Da Firenze a Helsinki per salvare una vita. Ma ha dell’incredibie quanto accaduto a Matteo Ostolani, 45 anni fiorentino, volontario del Nucleo Operativo di Protezione Civile, che è partito dal capoluogo toscano per raggiungere la Finlandia. Un viaggio rocambolesco durante il quale, come racconta lui stesso "non ha dormito, mangiato e bevuto". "L'unico scopo era appunto quello di trasportare il midollo osseo di donatore fino ricevente, un malato di leucemia in attesa in un ospedale di Helsinki". Il Nucleo Operativo di Protezione civile, organizzazione fiorentina fondata da Massimo Pieraccini che recentemente è stata anche insignita dal Presidente Mattarella, ha infatti un compito importantissimo, salvare vite facendo arrivare a destinazione organi da trapiantare.
Per tornare alla storia di Matteo, una volta arrivato a Helsinki, non gli è stato consentito di uscire dall’aeroporto per raggiungere l’albergo "nonostante - racconta - fosse appena 20 metri". Ostolani è stato costretto a dormire dentro il terminal, peraltro al freddo.
"In condizioni normali sarebbe una cosa banale - prosegue il volontario - in qualche ora sei a Helsinki, consegni il prezioso dono e via. Ai tempi del coronavirus con i voli rarefatti e spesso soggetti a improvvisi cambiamenti di orario tutto è più complicato. Il prelievo è stato fatto all’ospedale Borgo Roma di Verona, uno dei centri prelievi Italiani tra i più attivi, ma a causa di un cambio di orario del volo previsto in partenza da Roma è stato necessario prelevare il midollo il giorno prima di quello previsto per il volo". Allora Matteo si organizza e parte in auto per Verona dove prende le cellule e ritorna a Firenze. Al rientro in città è già sera. "Ho mangiato e ho dormicchiato poco, questo perché è necessario che le cellule siano mantenute ad una temperatura tra 2 e 8 gradi e quindi ogni mezz’ora ho messo una sveglia per controllare la temperatura".
All’alba due colleghe con un’automedica lo prendono e lo portano a Fiumicino, lui parte per Francoforte, e Marzia e Nadia le due volontarie del NOPC, prendono un altro midollo in arrivo con un collega tedesco e lo portano a Bologna. Matteo, a bordo di un volo praticamente vuoto, arriva a Francoforte, aeroporto deserto, negozi chiusi, "nemmeno la possibilità di fare colazione". Ostolani deve restare lì sette ore in attesa del volo che lo porterà ad Helsinki.
Finalmente parte. Arriva a destinazione che è ormai notte fatta. All’aeroporto c’è una dottoressa che lo attende, ma oltre ai tanti documenti e autorizzazioni serve più di una telefonata di verifica per far capire alla polizia di frontiera qual è lo scopo del viaggio. Matteo viene poi accompagnato in una stanza. "Altri poliziotti introducono la dottoressa alla quale viene consegnato l'organo da trapiantare". La missione di Matteo si può considerare conclusa. Ora il volontario si aspetterebbe un meritato riposo almeno fino all’alba della mattina successiva quando riprenderà il volo per tornare in Italia, ma ecco l’amara sorpresa. Nonostante il Nucleo Operativo di Protezione Civile avesse trasmesso la prenotazione dell’albergo esattamente di fronte all’aeroporto, e il biglietto di ritorno, la polizia non sente ragioni, "se non sei Finlandese dall’aeroporto non esci".
"L’unica gentile concessione da parte degli agenti - racconta Matteo - è stata quella andare a comprare un panino e portarmelo. Poi sono stato riaccompagnato all’interno del terminal dove ho dovuto dormire, si fa per dire, accampato sulle panchine dove era anche al freddo poiché essendo finito l’orario di quella poca attività dell'aeroporto anche i riscaldamenti sono stati spenti".
Finalmente arrivano le sette del mattino. Ecco il volo di ritorno e dopo più di 70 ore Matteo è di nuovo in Italia " stravolto ma felice di aver dato un importante contributo alla sopravvivenza di una persona". "Da quando è iniziata l’emergenza COVID 19 - racconta Massimo Pieraccini fondatore del Nucleo Operativo di Protezione Civile - muoversi è molto più complicato anche per questi tipi di viaggi così importanti, cerchiamo quando possibile di utilizzare autoveicoli, tanto che abbiamo percorso quasi trentamila chilometri dall’inizio delle limitazioni alla mobilità, i nostri volontari sono sempre pronti a mettersi a disposizione per provare a salvare una vita, e fare sì che il trapianto si possa fare anche se questo richiede grande fatica e spirito di abnegazione".