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Coronavirus. Il cardinale Betori: "Siamo fragili, ma non abbandonati"

"La preghiera non è un accessorio per lenire l'ansia, ma un elemento costitutivo dell'impegno per il futuro"

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Firenze, 18 marzo 2020 - "Siamo fragili, ma non abbandonati, perché figli di un Padre che la fede fa riconoscere come fonte inesauribile di vita. In tale prospettiva la preghiera non è un accessorio per lenire l'ansia, ma un elemento costitutivo dell'impegno per il futuro. Perché il futuro o è con Dio, e quindi con gli altri come fratelli, o non è".

Lo scrive il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, in un editoriale su Toscana Oggi, in un numero speciale che dedica 12 pagine all'emergenza coronavirus e che in questi giorni viene consegnato agli abbonati e nelle parrocchie, e che da venerdì sarà messo a disposizione di tutti gratuitamente in formato digitale. Betori prende spunto dall'immagine del Papa, solo per le strade di Roma: "Nel breve pellegrinaggio di qualche giorno fa, lungo via del Corso verso la Chiesa di San Marcello e il suo Crocifisso miracoloso, immagino che il Papa ci abbia portato tutti nel cuore, come se le sofferenze e le ansie di tutti noi in questi giorni gravassero su di lui". Il gesto del Papa, scrive, ci "indica anche una luce nel buio". Il volto di un Dio vicino, secondo Betori, si manifesta nella "dedizione con cui medici, infermieri e operatori in genere del sistema sanitario si spendono giorno dopo giorno, con grandi sacrifici e a mettendo in gioco la loro stessa salute per prendersi cura dei malati, come pure l'azione di generosi volontari nel non lasciare senza sostegno, mediante presidi di solidarietà, le fasce più deboli della popolazione. L'intera nazione deve essere loro grata. Come pure gratitudine va espressa a quanti, nel governo della cosa pubblica, nell'amministrazione di città e paesi, nell'assicurare l'ordine pubblico, sono impegnati a garantire scelte sagge e la loro disciplinata attuazione. Tutto ciò costituisce esercizio concreto di carità".

Il cardinale Betori spiega anche la decisione dei vescovi toscani di tenere aperte le chiese, con le dovute precauzioni igienico-sanitarie per l'accesso: "Più che una concreta possibilità di pregare in esse, limitata dai doverosi inviti a rimanere nelle case, tenere le chiese aperte vuole essere segno di una permanente presenza della Chiesa tra la gente, con un atteggiamento di accoglienza che dal piano fisico si sta moltiplicando, con grande creatività dei nostri preti, su quello virtuale, grazie ai moderni strumenti di comunicazione".

"Ci manca molto - scrive ancora Betori - la partecipazione del popolo alla Santa Messa, ma è bene ribadire che la Chiesa non ha smesso di celebrare l'Eucaristia, pur dovendo farlo in una forma privata. Non poter partecipare ora all'assemblea eucaristica deve sollecitare un più assiduo confronto personale e familiare con la Parola di Dio". L'arcivescovo di Firenze parla anche della "condizione di isolamento a cui ci costringe il giusto invito a rimanere nelle nostre case", invitando a "riscoprire le risorse della solitudine, come strada verso l'interiorità", e un invito ai cristiani, ad essere segno di speranza in questi giorni di ansia.