Firenze, 25 febbraio 2024 – Sta meglio, ma non ancora del tutto. Il dolore è diminuito, ma le conseguenze fisiche ed emotive della manganellata in pieno volto si sentono tutte anche il giorno dopo. È in fase di ripresa Maria, studentessa della facoltà di Economia, di 21 anni, che venerdì è uscita dal corteo pro Palestina con il naso rotto e un taglio sotto l’occhio destro. Dall’ospedale l’hanno dimessa con una prognosi di 20 giorni. Doveva essere una manifestazione pacifica, ma è finita con la carica dei polizia nei confronti dei ragazzi, molti dei quali minorenni, e Maria ha avuto la peggio.
«Fa ancora male - racconta - faccio ancora fatica ad aprire l’occhio e se lo apro vedo molto sfocato. I dottori, però, mi hanno rassicurato che pian piano recupererò completamente. Devo stare una ventina di giorni a riposo". Superata la confusione iniziale, inizia a metabolizzare l’accaduto. "Ho deciso di sporgere denuncia - continua - sto cercando di raccogliere i video di chi era lì e ha filmato. Al di là della mia esperienza, ma soprattutto per far sì che se ne continui a parlare. Le cariche che ho visto sono state tutte a freddo".
La 21enne aveva deciso di partecipare per pura e semplice solidarietà per il popolo palestinese, non aveva seguito personalmente la fase organizzativa. "Quando la situazione è degenerata ero molto indietro nel corteo. In modo molto pacifico ci stavamo dirigendo verso il consolato americano - ricorda - In quel momento ho visto gente correre indietro e scappare, c’erano tanti ragazzini preoccupati. Ho raggiunto la testa del corteo per vedere cosa stesse succedendo e per filmare. Ho fatto in tempo a fare un video brevissimo, poi all’improvviso la manganellata in faccia. Ero ferma, come lo erano anche gli altri. Non c’era una spinta verso il consolato".
Minuti concitati, le urla dei partecipanti e gli spintoni, poi il buio. Di riflesso al colpo preso Maria ha chiuso gli occhi, si è coperta il viso con le mani, mentre altri la aiutavano ad allontanarsi dalla calca. "Qualcuno mi ha tirato fuori e ha chiamato l’ambulanza. Ho avuto paura, pensavo che mi avesse colpito l’occhio e invece per fortuna me l’ha mancato di un centimetro. Ho provato anche tanta rabbia".
Sentimento che pervade anche gli altri. Il giorno dopo la voglia di farsi sentire è ancora più forte. In classe si è preferito non parlare di quanto successo. Alcuni professori hanno voluto mostrare vicinanza ai ragazzi affiggendo in bacheca una lettera di condanna all’uso della violenza. Gli studenti e le studentesse del liceo Machiavelli e dell’istituto Capponi hanno organizzato una conferenza stampa all’uscita da scuola. Davanti a quei muri dove resistono i manifesti che invitano a chiedere all’unisono il cessate il fuoco. Sono giovanissimi, nessuno di loro ha compiuto i 18 anni, ma consapevoli.
«Quello che è successo non è tollerabile - esordiscono Lara, Bianca e Giulia - Non siamo terroristi, volevamo solo esprimere il nostro dissenso. Ed è assurdo che in un luogo di formazione non si faccia informazione reale. Basta censura, basta tappare le bocche, basta minacce". "A scuola ci hanno minacciato di metterci note o voti bassi se avessimo aderito allo sciopero - aggiunge Francesco - Ma noi non ci facciamo intimorire". "Nelle settimane precedenti al corteo avevamo organizzato alcune iniziative contro il genocidio in Palestina - spiega Anna - Ma ci hanno ostacolato dicendoci che la scuola deve rimanere neutrale e che il nostro compito è studiare".
"Non ci fermiamo. Più ci dicono che non possiamo parlare di una cosa e più vogliamo parlarne - chiosa Anna - Non possiamo e non vogliamo far finta di nulla di fronte alle immagini che arrivano da Gaza. Vorremmo parlarne anche in classe, ma non ce lo lasciano fare".