
Grembiule ’d’ordinanza’, quello sì. Ma giovedì col primo grande caldo quattro bambini di una classe terza elementare dell’Andrea del Sarto, via San Salvi, sono andati a scuola coi pantaloncini corti, tipo bermuda. La maestra li ha ammoniti: "Da domani rimanderò a casa chi si presenterà in short". Ieri uno dei quattro che aveva riferito ai genitori il ‘diktat’ dell’insegnante, ha comunque indossato i pantaloncini al ginocchio: secondo i suoi genitori il regolamento non li vieta. C’è stata una discussione tra maestra e padre del bambino, 9 anni che ha chiamato i carabinieri e sta pensando di presentare un esposto.
Vicenda particolare che necessita di una premessa. C’è stato un tempo – lontano magari, parliamo degli anni ’60-’70 – in cui diversi alunni si presentavano in classe con i calzoni corti. Anche in autunno inoltrato e magari in inverno: altro che i 30 gradi di questi giorni. Ora sappiamo che le ‘indicazioni’ su decoro e buon senso nel vestirsi riguardano in maniera abbastanza stringente gli studenti di scuola primaria e secondaria; banditi pantaloni a vita bassa, piercing, minigonne, magliette e scollature eccessive, jeans troppo strappati, cappellini da rapper. La scuola non è una spiaggia è il refrain ricorrente. Viceversa, per quanto ne sappiamo, alunni e alunne delle elementari sono tenuti ‘solo’ a indossare abiti e scarpe comode, o ‘divisa’ (tuta o grembiule) e zainetto. Da evitare abiti che impediscano al bambino di muoversi liberamente e di sporcarsi, nel caso.
Emilia, la mamma del bambino, ha accettato di raccontare l’accaduto. Secondo la sua versione, certo. "Io dopo la prima comunicazione fatta a voce dalla maestra, e riferita dal mio bambino come pure dagli altri bambini ho cercato e letto il regolamento dell’Istituto comprensivo. Ebbene, non ho trovato traccia di divieto riguardo ai pantaloncini corti. Per cui ho detto a mio figlio: vai tranquillo a lezione, non avere timore. Niente ti vieta di metterli e portarli, naturalmente sempre con il grembiule. Per scrupolo alle 8,30 ho telefonato a scuola, ho chiesto della direzione, mi hanno risposto che si sarebbero informati con la vicepreside e presso la segreteria. Più tardi m’hanno telefonato dalla scuola: mi hanno detto che mio figlio ripeteva di avere paura. Ho provato a calmarlo: amore, stai tranquillo. A scuola è andato mio marito. Ha aspettato la maestra, le ha chiesto ‘che cosa c’è che non va? Perché i bambini non possono portare i pantaloni corti?’. Lei gli ha risposto ’per me lui non entra in classe’".
"C’è stata una discussione – prosegue la donna –, i toni sono diventati concitati, lei ha urlato al bambino ‘te vai via di qua’. E mio marito ha chiamato i carabinieri, che gli hanno chiesto il motivo della sua presenza a scuola. Dopo qualcuno ha detto a nostro figlio: ‘Puoi scegliere, entri o vai via’, e lui ha chiesto di andare a casa. Ma lunedì tornerà a scuola. La vicepreside ha provato a stemperare i toni: ’Ne parleremo in una riunione’. Vero è che il 10 la scuola termina. Ma il bambino è in terza, ha un biennio da affrontare e bisogna distinguere tra severità nel valutare il rendimento e pretendere rispetto dagli alunni e dai genitori". E invece incute timore. "Sì – conclude – perché, parlo per mio figlio, questa maestra lo richiama spesso, a voce alta. Gli ha detto ’lo so che secondo i tuoi sono la più cattiva..’. Lui ha paura di dimenticare un libro, di fare un esercizio. Qualcosa dovrà pur cambiare..."
giovanni spano