
Alessandra Belardini, nuova dirigente della Polizia postale di Firenze
Firenze, 27 gennaio 2021 - TikTok non scandisce il tempo. Aspetta la prossima preda in un cybermondo dove i ’frame’ viaggiano come proiettili sparati a palla. Con un subdolo accompagnamento di musichette tanto complici da far apparire il tutto come un gioco. Ma non è così. Lo sa bene la polizia postale e delle comunicazioni. Il segreto sta in quest’ultima parolina magica: comunicazione. Alessandra Belardini è la dirigente del Compartimento di Firenze, in via della Casella, e sa bene quello che dice. In questo campo è un’indiscussa risorsa, una vera esperta. "I reati che si possono compiere con uno smartphone sono tanti, ma le applicazioni su cellulare sono un tesoro. Basta saperle usare e controllare". Negli uffici inaccessibili di questa specialità della polizia di Stato ogni mattina si ripete quello che il vecchio proverbio africano sul leone e la gazzella racconta da secoli. Quando si accendono i computer comincia la ’scrolling’ dei siti alla ricerca di vitttime e carnefici. E ogni giorno 50 siti vengono monitorati contro l’adescamento e la condivisione di materiale pedopornografico. "Di questi – spiega la dirigente Belardini – in media il 20% finisce in una nostra ’black list’ per la prosecuzione del controllo. Alcuni poi vengono segnalati a TikTok, il fenomeno del momento, per la rimozione. Diversi gestori ci aiutano, altri no". Non diciamo quali per non aiutare i ’furbetti’ del web. "Purtroppo oggi si trova di tutto, da immagini di torture, a sevizie inferte ad animali, da materiale ’pedo’ ai 60 secondi di TikTok che a volte sono davvero pericolosi". Come ci si difende? "Ricordiamoci una cosa – ribadisce seria la dirigente –, cioè che quando qualcuno viola la propria o l’altrui privacy perché ’clicca’ senza riflettere, va avanti senza pensare, quella privacy non potrà riaverla mai più. E’ un dato di fatto. Se la gente sapesse quanti genitori ci arrivano con i cellulari dei figli e il volto spiegazzato da notti insonni. Come quel padre che ci ha raccontato che il figlio, ampiamente minore, ha postato immagini terribili con protagonista una ragazzina di circa 4/5 anni". Che è successo poi? "Gli abbiamo chiesto cosa avesse fatto. ’Io? Ho cambiato la schedina del cellulare’. Oppure dicono: due anni fa mia figlia ha postato qualche foto scabrosa e ora qualcuno la ricatta. Questo qualcuno però ha un nickname e un ’Ip’ che porta magari fuori Italia. Ed è un problema". Il momento più pericoloso? "Sono tutti. Ma tra i 12 e i 14 anni vanno moltiplicate le cautele di genitori ed educatori: loro non sono imputabili, ma sono molto curiosi e ’incoscienti’. Di quali segnali i genitori devono tenere conto? "Quando i figli usano password e le cambiano molto spesso. Oppure quando la figlia usa profili Instagram aperti. Non possiamo nasconderci dietro il fatto che ’loro sono più veloci’, che ’non riusciamo a star loro dietro’. La privacy per i dodicenni non esiste. Dobbiamo educare e salvare. Dobbiamo comunicare. Ecco quello che c’è scritto nello scudetto della nostra specialità". Cosa devono fare i genitori? "Andare verso il figlio usando lo stessso linguaggio e lo stesso mezzo che usa lui. E questo va fatto subito. Il primo cellulare, ce lo confermano i dati, i ragazzini lo prendono al più tardi alla prima comunione. A 10 anni cominciano a spippolare. E qui i genitori devono usare il parental control".