
Crac della Braccialini, il processo nel tribunale di Firenze
Firenze, 27 gennaio 2024 – Si è chiusa con cinque condanne, sei rinvii a giudizio e una pioggia di proscioglimenti e assoluzioni l’udienza preliminare sul crac della Braccialini, l’azienda di moda dichiarata fallita nel dicembre 2017 con un rosso di 37 milioni di euro di debiti. L’accusa principale della maxi-inchiesta della procura di Firenze, chiusa nel 2019 con ben 46 indagati, era quella di bancarotta societaria da falso in bilancio, relativa ai bilanci del periodo 2011-2014. In particolare per mascherare il dissesto, secondo i pm Luca Turco e Christine Von Borries, sarebbero stati approvati bilanci con voci gonfiate, tra cui il valore delle "rimanenze finali e il valore di terreni e fabbricati".
E ieri, con l’accusa di bancarotta preferenziale e bancarotta semplice, il gup Antonio Pezzuti ha condannato in abbreviato Riccardo Braccialini - difeso con il fratello dall’avvocato Giovanni Maria Flora – , ex ad dell’azienda, a due anni e sei mesi di reclusione oltre alla inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e all’incapacità a esercitare gli uffici direttivi per la stessa durata della pena. Dovrà inoltre versare una provvisionale di 500mila euro a favore dei curatori del fallimento della società Braccialini spa.
Condanna, sempre con rito abbreviato, a otto mesi di reclusione per Massimo Braccialini, fratello di Riccardo, ex direttore creativo e consigliere delegato tra il 1989 e il 2016, e per altri tre ex componenti dei consigli di amministrazione.
Sempre secondo l’accusa, oltre a esser contesta anche la presunta distrazione del ramo d’azienda relativo alla produzione del marchio Vivienne Westwood, poco prima e poco dopo aver avanzato richiesta di ammissione al concordato preventivo, nel giugno del 2016, la Braccialini avrebbe eseguito pagamenti preferenziali a favore di alcune ditte per evitare che cessassero le forniture, attraverso - però - l’emissione da parte di queste ultime di fatture false poiché maggiorate degli importi dei debiti pregressi.
Nell’inchiesta veniva poi ipotizzato anche il ricorso abusivo al credito bancario, in relazione ad alcuni finanziamenti accordati nonostante lo stato di crisi della Braccialini, che poi sarebbero stati utilizzati dalla stessa Braccialini per estinguere debiti pregressi con gli istituti bancari.
In uno dei casi contestati, producendo i bilanci del 2011 e del 2012 - che per i pm Turco e von Borries furono falsificati in modo da dissimulare l’erosione del capitale sociale e lo stato di insolvenza - gli amministratori della Braccialini srl, in concorso con otto quadri direttivi e i funzionari di numerosi istituti di credito – difesi dai legali Filippo Viggiano, Antonio e Michele D’Avirro, Chiara Lazzari –, avrebbero ottenuto l’erogazione di un finanziamento da circa 6,5 milioni di euro.
Per loro il gup Pezzuti ha dichiarato il non luogo a procedere perché i fatti non sussistono e le azioni non costituiscono reato, in quanto hanno agito nel rispetto dei loro ruoli senza mai finanziare in maniere illecita le casse della Braccialini. Prosciolti e assolti, invece, con rito abbreviato gli altri imputati, mentre per sei ex consiglieri della Braccialini è arrivato il rinvio a giudizio, e l’udienza si aprirà il prossimo 10 settembre.