ILARIA ULIVELLI
Cronaca

“Cadevo nel vuoto, era il finimondo”: crollo di Firenze, uno dei feriti rivive l’orrore

Cristinel Spataru, coinvolto nel tragico incidente nel capoluogo toscano, racconta dal suo letto di ospedale i momenti in cui la trave è crollata

Cristinel  Spataru con il figlio all'ospedale di Careggi

Cristinel Spataru con il figlio all'ospedale di Careggi

Firenze, 16 febbraio 2024 - "E' un miracolo". Lo ripete tante volte. "Ho fatto un volo dal terzo piano, tutto mi è cascato addosso e sono ancora qua". Stringe il pugno e lo batte col nostro.

E' un gesto che vuol dire tutto. Che significa che Cristinel Spataru è ancora vivo, sopravvissuto con due connazionali rumeni alla tragedia del crollo del supermercato in costruzione a Firenze. Cinquantun anni e una vita in salita, spesa da più d'una manciata d'anni a Castelfranco Veneto, con il figlio ventiquattrenne George che mette tutti sull'avviso: "Per fortuna mio padre sta bene, diciamo, perché altrimenti...".

In quell'altrimenti si concentra la rabbia e l'impotenza di chi muore di lavoro. Che vorrebbe rivalersi di una vita di sacrifici. Che vorrebbe vendicare chi ci lascia il futuro e le speranze.

"E' un lavoro che serve a malapena a guadagnare il pane", è la denuncia di George al capezzale del babbo operaio nella stanza rossa dell'ospedale di Careggi con tre costole rotte, un po' di ferite da suturare, e la calce ancora nelle mani, sotto le unghie, impregnata nella pelle come un tatuaggio. Cristinel era a Firenze da lunedì. Se il crollo non l'avesse fermato nel pomeriggio sarebbe andato a Siena.

"Lavora per una ditta che lo manda in trasferta, una settimana da una parte e quella dopo da un'altra", racconta il figlio. Il mattino di venerdì 16 febbraio doveva essere il momento conclusivo del suo lavoro a Firenze.

"Stavo facendo la colata di cemento sulla rete di ferro della copertura quando tutto è crollato", racconta Cristinel. Era nel punto più alto della struttura, protetto da caschetto e stivali, ma soprattutto dalla Provvidenza perché dopo un volo da quell'altezza non si sa quel che sarà. Vede le foto del crollo e ci indica il punto dove stava facendo la colata.

Poi si mette le mani davanti agli occhi. Se li stropiccia per nascondere la commozione per gli amici, colleghi, compagni di vita. Per quelli che in ospedale stanno combattendo. Per quelli che non ce l'hanno fatta. "Vedi che dentro la trave non c'era il ferro", dice Cristinel.

La dinamica dell'incidente è ancora al vaglio degli inquirenti. Ma lui che era lì vuol dire la sua. Chiede ai sanitari quanto dovrà star fermo, gli rispondono almeno un mese, per le costole. Sorride di un riso amaro che sembra un pianto del cuore. E' dura la vita, e anche per salvarsi ci vuole un gran coraggio.