“Da mesi senza i soldi che le spettano. Per mamma malata di Alzheimer paghiamo 3600 euro al mese”

L’accompagnamento e la pensione di papà non bastano più

Lorella assieme alla madre 89enne ricoverata in una Rsa a Impruneta

Lorella assieme alla madre 89enne ricoverata in una Rsa a Impruneta

Firenze, 18 settembre 2024 – “Non so ancora quanto potrò andare avanti così. Mia madre è proprietaria di una casa, ma non ho nessuna intenzione di subire l’ingiustizia di doverla mettere in vendita per riuscire a pagare la retta per l’Rsa. Con l’invalidità con gravità cinque, ricevere la giusta assistenza, anche economico-finanziaria dovrebbe essere un diritto, non un onere da pagare”. Lorella Cantini è amareggiata, seppur combattiva nell’animo. È preoccupata, sì, perché dopo una vita di lavoro ha raggiunto la pensione un paio d’anni fa, si ritrova oggi , in quanto figlia unica, a 65 anni a farsi interamente carico delle spese per la madre di 89 anni malata di Alzheimer. “Riportarla a casa non è fattibile, purtroppo mamma non è più gestibile con una semplice badante - racconta a La Nazione -. A dicembre 2023 la situazione è degenerata, mamma è caduta in casa, forse per un’ischemia. Da quel momento è allettata, non parla, non cammina”. Il calvario (burocratico) di Lorella parte da qui. Ma la sua non è una storia di tormento legata al mancato inserimento della 89enne in una struttura residenziale permanente, quando a un inghippo nella erogazione della quota sanitaria per far carico all’assegno pesante di 3600 euro che la struttura dell’Opera Pia Vanni di Impruneta chiede ogni mese.

Senza l’ammortizzatore sociale garantito dal sistema pubblico, Lorella si sente spacciata, costretta ad attingere ai risparmi di una vita. “A inizio 2024 insieme all’assistente sociale ho ottenuto il piano personalizzato per mamma - spiega -, tarato in base alla gravità del suo stato di salute. Avendo lei la residenza all’Impruneta, le liste d’attesa rispetto a Firenze Centro erano leggermente ridotte. Arrivata la chiamata dell’Opera Pia Vanni il 9 febbraio, mi sono subito mossa per garantirle l’accesso. Anche perché, l’8 gennaio avevo incassato l’approvazione della quota sanitaria: circa 1800 euro sicuri, su cui fare affidamento. Il problema è che da gennaio sto sempre aspettando di riceverli. Sia chiaro, non sono rimasta con le mani in mano, e mi sono rivolta alla Spi Cgil per chiedere consiglio, assistenza, supporto. Da mesi si danno da fare per sbloccare la situazione, nonostante la mia situazione di disagio fosse uguale a quella di tante altre famiglie purtroppo. Onestamente non so quanto ancora posso andare avanti così. Un po’ di risparmi della mamma ancora ci sono, attingo da quelli per ora. Ma prima o poi finiscono. Per fortuna i primi due mesi ho ricevuto dalla Rsa una scontistica per il fatto della residenza, ma sempre pur sempre attorno ai 2800 euro. Anzi, ho pure notato che la retta è aumentata recentemente di 5 euro al giorno”.

Ma la cifra che fa tremare i polsi è quella delle spese complessive affrontate da Lorella sinora: “Attorno ai 10mila euro. La reversibilità della pensione di mio padre non basta, l’accompagnamento non basta. Di tasca mia, ogni mese partono 1600 euro, a cui si aggiungono tra i sessanta e gli ottanta euro di medicinali”. Di nuovo, la coperta delle quote sanitarie è corta, cortissima. “La graduatoria della quota, poi, - conclude Lorella - è incomprensibile, va avanti e indietro: a giugno mamma era 13esima, poi 19esima, poi 16esima. Queste oscillazioni, questa incertezza di quando potrò ricevere un aiuto che mi spetta per legge ti porta alla disperazione”.

Fra.Ing.