
Al Viper venerdì sbarca ’new:brand:new’, sulla scia del programma su Mtv
di Lorenzo Ottanelli
Uno studio verde e lui, Massimo Coppola, un giovane di sinistra appena uscito dalla facoltà di Filosofia che raccontava il presente, la musica, la politica. Era ‘brand:new’, il programma cult andato in onda dal 2000 al 2002 su Mtv. Una carriera fatta di tanti lavori, soprattutto dietro le quinte, quella di Coppola, tra la scrittura, le edizioni Isbn, un ruolo in Rai e la direzione di Rolling Stone. Oggi, il ritorno di quel format con lo stesso sfondo verde, ma in teatro, davanti al pubblico al posto della telecamera, dove spera "di stare in tour per i prossimi 15 anni". A Firenze l’appuntamento con ‘new:brand:new’ è per venerdì alle 21,30 al Viper Theatre.
Cosa dobbiamo aspettarci?
"È una seduta di psicanalisi in cui si ride, un’esperienza condivisa. Sul palco c’è un mio alter ego leggero, che porta in scena i temi che mi piacciono. Un modo per esorcizzare e raccontare il presente".
Torna a raccontare temi importanti, dai diritti ai conflitti. Ne abbiamo preso consapevolezza?
"A 52 anni vedi il mondo con maggiore distacco. La satira aiuta e farsi le giuste domande può essere una buona strada". ‘brand:new’ oggi potrebbe essere un podcast. Aveva un linguaggio contemporaneo...
"Spesso tendiamo a proiettare indietro l’oggi. I podcast, infatti, si sono ispirati a ciò che hanno visto in precedenza. Noi abbiamo anticipato i social. Mtv era una selfie television e aveva un linguaggio che oggi ritroviamo".
Il linguaggio si è un po’ arenato a 25 anni fa?
"Non la vedrei così. Nell’infosfera siamo tutti fruitori e creatori di contenuti".
Perché ha scelto di tornare con ‘new:brand:new’ in teatro?
"Una sera ho postato uno spezzone di ‘brand:new’ su Instagram. In pochissimo il video ha raggiunto le 850mila visualizzazioni. Le persone mi hanno chiesto di tornare. Così ho scelto di farlo dal vivo, per vedere finalmente la comunità che mi ha sostenuto e anche diversi giovani, che al tempo non erano grandi abbastanza".
Ci sono tante esperienze social che sbarcano live. Secondo lei perché?
"Forse perché il mondo del web condanna il corpo alla superficialità. E questo conduce a tante cose, all’autoritarismo, all’ascesa di Trump, alla colpevolizzazione. Per fare cultura progressista è necessario farlo nel reale, con i nostri corpi".
Perché è così importante il suo essere di sinistra in tutto quello che fa?
"Perché è nella definizione di intellettuale di sinistra. Se lo sei lo dici e ti batti per quello che pensi. È naturale".