Da profugo a mediatore: "Stop al lavoro irregolare"

Khalid è partito dal Pakistan e ha affrontato un’odissea per arrivare in Italia. Ha raccontato la sua storia al presidio per il bracciante morto a Latina.

Da profugo a mediatore: "Stop al lavoro irregolare"

Da profugo a mediatore: "Stop al lavoro irregolare"

Il bracciante indiano morto dopo aver perso il braccio in un macchinario – mentre lavorava nei campi intorno a Latina – non aveva un contratto. Come lui sono tanti i migranti che dopo viaggi inumani finiscono per essere sfruttati nelle fabbriche, nei campi o nelle aziende del nostro territorio. Lo sa bene Waqar Khalid, 34 anni, partito dal Pakistan nel 2015 a causa delle persecuzioni subite per motivi religiosi e ieri presente in via Cavour per dare il suo contributo durante il presidio – in solidarietà del bracciante morto – promosso da Cgil, Arci, AltroDiritto, e altre associazioni.

"Sono passato dall’Iran – racconta –, lì ho visto persone che venivano uccise come se nulla fosse. Nel viaggio attraverso le montagne ho visto i corpi di altri migranti ammassati ai bordi delle strade. Sono immagini che non potrà mai togliermi dal testa". Dopo l’Iran arriva in Turchia, dove resta per un breve periodo, lavorando e cercando di guadagnare abbastanza per comprare un gommone. "Lavoravo per 14 ore al giorno in una fabbrica – spiega ancora –. Poi ho deciso di comprare un piccolo gommone con altri tre ragazzi: una pazzia, non avevamo il motore, ci abbiamo messo 15 ore solo a remi per arrivare sulle coste della Grecia". Da lì si è incamminato sulla cosiddetta rotta balcanica, a piedi, senza affidarsi ai trafficanti. "Sono andato prima in Germania e poi nel 2017 sono arrivato in Italia".

Qualche tappa al nord e poi dritto in Toscana. "A Udine sono finito nella rete di un caporale, prima di scappare in Toscana. Qui ho cominciato a studiare a scuola, poi a lavorare come mediatore culturale – conclude –. Poco dopo sono stato assunto dalla Cigl con un contratto. Ora voglio aiutare gli altri".

Cgil Firenze spiega invece che "anche a Firenze sono sono in crescita fenomeni di sfruttamento lavorativo che interessano non solo l’agricoltura ma anche i settori manufatturieri, il terziario, la logistica". Per questo occorre – concitnuano – "un massiccio intervento delle istituzioni e delle forze ispettive di concerto con le organizzazioni sindacali e le associazioni impegnate in progetti di contrasto allo sfruttamento lavorativo".