I fiorentini di Campo di Marte con qualche anno sulle spalle lo ricordano bene, Franco Migliacci. I suoi anni a Firenze furono quelli degli studi. Abitava in viale De Amicis, all’altezza della Filarocca. Era un’altra città quella di Franco adolescente che coltivava già i suoi sogni. Voleva fare l’attore. Si iscrisse e frequentò l’istituto d’arte. Non erano anni facili, quelli. Quando cominciò sui banchi della scuola di Porta Romana, Firenze era stata liberata da due mesi. Ma la guerra era rimasta dentro con la sua prepotenza, le privazioni, il poco per tutti. Anche per chi poteva avere. Ma i sogni arano da acchiappare, la vita giovane da prendere a morsi. Con coraggio. Franco Migliacci, morto a Roma a 92 anni, da ragazzo voleva diventare un attore. Per questo a 22 anni telefonò alla zia, per dirle che sarebbe andato a Roma. Poi è entrato nella leggenda della musica italiana grazie a un quadro di Chagall, "Le cor rouge dans la nuit". A lui, che l’arte l’aveva sperimentata e accarezzata, tuffandocisi dentro, proprio quel quadro gli avrebbe ispirato il testo di "Nel blu dipinto di blu", il brano con cui Domenico Modugno nel 1958 ha cambiato il corso della canzone italiana aprendole le porte della modernità e del successo mondiale. In realtà negli anni i due hanno cambiato più volte la ricostruzione di come sia nato quel testo visionario con quell’incipit indimenticabile: "Penso che un sogno così non ritorni mai più Mi dipingevo le mani e la faccia di blu Poi d’improvviso venivo dal vento rapito E incominciavo a volare nel cielo infinito". Ma perché rovinare una bella storia con la verità? Protagonista assoluto della canzone italiana, Migliacci è stato paroliere ma anche produttore esigentissimo dopo una breve carriera di attore (è stato il primo doppiatore di Klaus Kinski) e di illustratore per "Il Pioniere" la rivista di Gianni Rodari.
Orgogliosi lo salutano gli amici di Campo di Marte. Che hanno continuato a sognare sulle ali delle sue mille canzoni.
iu