GIOVANNI BOGANI
Cronaca

Dai Taviani ai Manetti, fratelli d’arte "Noi, gli outsider del cinema"

Antonio e Marco hanno conquistato i botteghini con Diabolik: "Affascinante girare con i ritmi degli anni ’60, con quelle atmosfere e quei colori. Effetto nostalgia per i più grandi, una scoperta per i più giovani"

di Giovanni Bogani

"In Toscana andavamo a trovare la nonna, a San Miniato, dove è nato anche nostro padre. Del resto, Manetti è un cognome tutto toscano!". I Manetti bros., i registi di "Diabolik", ieri a Firenze alla Manifattura Tabacchi protagonisti di un incontro col pubblico organizzato dalla Fondazione Stensen, rivelano le loro origini toscane. Radici che affondano in una cittadina molto speciale: quella che ha dato i natali ai fratelli Taviani. I due più celebri fratelli della storia del cinema italiano, vincitori della Palma d’oro a Cannes con "Padre padrone".

Antonio e Marco Manetti: quando avete saputo di avere questa affinità ’geografica’ con i fratelli Taviani?

"Un giorno, eravamo a Roma, nostro padre Pierluigi incontrò i fratelli Taviani. Papà era nato come loro a San Miniato, nella stessa strada: vivevano praticamente di fronte. È stato loro compagno di infanzia. Quando abbiamo scelto la strada della regia, ci abbiamo pensato spesso: da quella strada di San Miniato sono uscite due coppie di registi fratelli".

Vostro padre ha anche recitato con loro…

"Pur non essendo un attore, nostro padre ha un ruolo piuttosto importante in ‘Un uomo da bruciare’ dei fratelli Taviani, e compare anche ne ‘I sovversivi’. Una volta, molti anni dopo, ricevemmo una telefonata da loro, pochi giorni dopo l’uscita di un nostro film. Ci facevano i complimenti! Ci hanno dato forza, in un mondo – quello del cinema italiano – in cui ci siamo sempre sentiti un po’ degli outsider".

Il vostro "Diabolik" questa estate – dopo i quasi tre milioni di euro incassati lo scorso inverno – vive una nuova vita negli appuntamenti con il pubblico.

"E’ il grande regalo che ci stiamo facendo: riuscire a vivere il rapporto con il pubblico ‘vero’. Il nostro film è stato fermo più di un anno a causa della pandemia; anche quando è uscito in sala, l’allarme era ancora molto forte. Non abbiamo potuto incontrare il pubblico: i rapporti sono stati solo sui social. E i social, come si sa, sono molto sfaccettati e a volte sfacciati. Su 99 commenti positivi, pensi solo a quello negativo".

Il 17 novembre uscirà "Ginko all’attacco!", il secondo film che avete tratto dai fumetti di Diabolik. Non potete ancora parlarne. Ma, se doveste dire in una parola chi è Diabolik e perché vi affascina tanto, cosa direste?

"C’è un pregiudizio che vorremmo sfatare: Diabolik non è un supereroe, non ha superpoteri. Sia nel fumetto, sia nel modo in cui lo abbiamo disegnato noi nel film. Se dovessimo indicare ciò che ci affascina dei nostri ‘Diabolik’, è il fatto di avere girato con i ritmi dei film degli anni Sessanta, con quelle atmosfere, quei colori, quel modo di fare cinema. Per i più grandi crea un effetto nostalgia; e per i più giovani può essere una scoperta".

Le due grandi novità sono nel cast: Giacomo Gianniotti sarà Diabolik, e Monica Bellucci entra nel cast.

"Sì: Giacomo Gianniotti è italo-canadese, una delle presenze importanti della serie ‘Grey’s Anatomy’; Monica Bellucci è la più internazionale delle nostre attrici. Vorremmo che il film avesse un respiro internazionale".

Da San Miniato, insomma, verso tutto il mondo.