OLGA MUGNAINI
Cronaca

Dall’800 persi due vocaboli su tre. Ma la ’c’ aspirata resiste ai tempi

L'Accademia della Crusca monitora la sopravvivenza del fiorentino, lingua in declino. Il progetto del "Vocabolario del fiorentino contemporaneo" documenta le parole ancora in uso e quelle ormai scomparse, come la caratteristica 'c' aspirata di origine incerta.

Dall’800 persi due vocaboli su tre. Ma la ’c’ aspirata resiste ai tempi

Negli ultimi due secoli il dialetto fiorentino si è trasformato radicalmente

Cosa è rimasto di quel fiorentino della prima metà dell’Ottocento, che Alessandro Manzoni aveva eletto a modello della lingua italiana, tanto da venire a “sciacquare i panni in Arno“ per i suoi Promessi Sposi?

In realtà buona parte non c’è più. L’Accademia della Crusca stima che, nel parlare degli stessi fiorentini, vi sia rimasto appena un 30% delle parole e delle espressioni più tipiche del territorio. Molti termini e modi di dire restano nei ricordi dei nonni più anziani, che li rammentano con dolce nostalgia, ma che anche loro usano sempre meno. Un esempio? La seggiola. Ormai ci accomodiamo quasi tutti su una sedia. E a chi verrebbe da dire “marimettere“ un salame , invece che cominciare ad affettare. E fare ammiccino?

Ma non tutto è perduto. Ciò che resiste al tempo e alle mode nel parlare di tutti i fiorentini è quella ’c’ aspirata, che hanno ereditano anche le nuove generazioni e persino gli immigrati che a Firenze imparano l’italiano. E dire che ancora non si sa neppure da cosa sia nato questo fenomeno fonetico, chiamato “gorgia toscana”. C’è chi dice sia una derivazione etrusca, ma i linguisti non confermano, perché manca qualsiasi evidenza scientifica.

Sta di fatto che lo stato di salute, per non dire la sopravvivenza, del fiorentino, è continuamente monitorato proprio dall’Accademia della Crusca, che dal 1994 ha avviato il progetto del “Vocabolario del fiorentino contemporaneo“, voluto dall’allora presidente Giovanni Nencioni. L’idea, a cui la redazione è rimasta fedele , era quella di documentare tutta quell’area del repertorio in cui si verifica al giorno d’oggi una mancata, o parziale, sovrapposizione, fra “lessico fiorentino” e “lessico italiano”. "Fin dalla sua prima pubblicazione il vocabolario ha avuto un grande successo - spiega Neri Binazzi, docente di linguistica italiana all’Università di Firenze, collaboratore della Crusca e coordinatore del progetto –. E’ un lavoro che nasce da un capillare lavoro sul territorio, quartiere per quartiere, con interviste a persone di età diversa, per capire cosa resta ancora di uso comune e cosa invece è andato perduto. Che ormai è molto: rispetto all’Ottocento è rimasto più o meno un vocabolo su tre. Nessuno dice più “al tocco“ per dire l’una dopo mezzogiorno, mentre resiste “dare il cencio“ oppure “bischero“, che tutti capiscono".

Diverso è il caso della fonetica, per certi aspetti ancora un mistero sulla sua origine: "Riguardo alla tipica c aspirata - prosegue Binazzi – la prima presenza si attesta in un documento del 1525, dove uno studioso fa espresso riferimento a questo modo di parlare fiorentino. Una particolarità che certamente non esisteva all’epoca di Dante, visto che non ne fa mai menzione in nessuno dei suoi scritti". Il Vocabolario del fiorentino contemporaneo è consultabile nel sito della Crusca.