OLGA MUGNAINI
Cronaca

Dalla Maremma al mondo. La memoria dello scrittore nelle parole di Naspini

L’autore grossetano sarà oggi alla rassegna fiorentina del libro “Testo” "La spinta a creare? Arriva da mia nonna, grandissima raccontatrice di storie".

Sacha Naspini, classe 1976, grossetano, anzi maremmano, è. uno dei migliori scrittori della sua generazione

Sacha Naspini, classe 1976, grossetano, anzi maremmano, è. uno dei migliori scrittori della sua generazione

Cos’è la memoria? E’ come entra nel percorso narrativo di uno scrittore? Sacha Naspini, classe 1976, grossetano, anzi maremmano, è uno dei migliori scrittori della sua generazione. Da una ventina d’anni pubblica romanzi di grande successo, con una prosa ricca di venature dialettali, eppure con una forza così universale, tanto da essere tradotto in più di 50 Paesi, dal Stati Uniti alla alla Cina. Tra i suoi romanzi più celebri, “Le case del malcontento“, “Nives“, “Villa del seminario“ e l’ultimo “Bocca di Strega“(Edizioni e/o).

Oggi alle 14 sarà a “Testo“, il salone dedicato all’editoria contemporanea che si svolte alla Stazione Leopolda, nell’incontro “La memoria tra narrazione e folklore“, insieme a Filippo Cerri, Francesca Matteoni.

Sacha Naspini, cos’è la memoria per uno scrittore? "E’ la suggestione che diventa un modo di chiamare il mondo. Dà il senso e il peso della parola che si riaggancia a una vocalità, a un giro dei pensieri, a un modo di richiamare e nominare le cose".

Come si fa a conciliare memoria-tradizione e contemporaneità? "Ecco, io sono proprio combattuto tra questi due filoni narrativi: a volte cerco lo scatto contemporaneo perché mi chiama, perché vivo nel mondo. E’ anche una sorta di lotta con la provincialità che sento e che mi porto addosso. Me la riconosco, la vedo. E paradossalmente mi scopro iperprovinciale quando magari sono dall’altra parte del mondo, camminando magari sulle strade di Los Angeles".

Del resto nei suoi romanzi c’è l’anima della Maremma. "Sì, e c’è anche una certa fierezza, che è identità, con tutto l tema della radice. Io vengo da quel solco, da quei massi, da quel sangue là. Da quel nostro rapporto strano con la terra. Noi siamo quelli che la bestemmiamo. La nostra “Maremma maiala“ racconta di come ci rapportiamo. E’ il nostro essere con la cotenna del cinghiale e il cuore tenero. In questo c’entra la tradizione, le liturgie della giornata, il modo in cui raccontiamo le cose in maniera molto visiva, piene di metafore, sottotesto"

Come si è scoperto scrittore? "Dovessi dire da dove è partita la spinta alla scrittura direi che uno degli inneschi è stata la mia nonna, grandissima raccontatrice di storie, una narratrice esagerata: partiva di casa per andare a fare la spesa e quando tornava era capace di improvvisarti epopee su chi aveva incontrato, con trame narrative e sottotrame a tutto spiano su chi era figlio e parente di quell’altro".

Intrecci e atmosfere che tornano anche nell’ultimo suo romanzo “Bocca di strega“, un’epopea tutta italiana che racconta la Val di Cornea. "E’ la storia dei nostri tombaroli. “Bocca di strega“ apre uno squarcio su un universo che ha fatto la storia di molti musei, partendo dal basso. La provincia toscana, abitata da romantici pirati di terra dalla doppia vita: padri di famiglia, operai, artigiani, contadini. Che in pochi anni si sono aggiudicati il dominio del traffico d’arte internazionale. Forse il furto più clamoroso che sia mai stato commesso ai danni di un Paese, fra tradimenti, vendette, brama di soldi facili".