di Stefano Brogioni
FIRENZE
Si indaga fino in Perù, ma c’è ancora un dubbio che l’hotel Astor, dove Kata è sparita il 10 giugno scorso, possa nascondere qualcosa.
Ora è ufficiale, non sono più voci (attendibili) di corridoio: la procura ha deciso di tornare all’hotel di via Maragliano, sgomberato una settimana dopo l’avvio delle ricerche della piccola di cinque anni. Sono in programma attività "invasive", come trapela da fonti investigative. I carabinieri - che con i reparti speciali avevano già perlustrato per giorni l’immobile - sono pronti a scavare ed abbattere muri. L’obiettivo è poter escludere, al 100%, che della bimba, di cui da oltre tre mesi non si hanno più notizie, non ci sia neanche la minima traccia.
Un dubbio da togliersi, insomma. Ma che non può non venire, nella testa di ogni investigatore, alla luce della totale assenza di immagini, nonostante una massiccia analisi delle telecamere della zona, pubbliche e private, dell’uscita della bambina dal perimetro dell’Astor.
L’ultima immagine di Kata, com’è noto, è infatti dentro l’hotel: alle 15.13 di quel sabato, la bambina viene inquadrata dalla telecamera di un negozio di via Boccherini mentre scende le scale esterne dell’immobile. Diretta verso il cortile o il pianterreno. Sua madre, rincaserà mezz’ora più tardi, anche se l’allarme non scatterà subito: per un’altra ora, i familiari pensano che Kata possa essere uscita con gli altri bambini (tra cui il fratello maggiore) verso il campino di calcetto della chiesa.
E invece no: come testimonia un’altra precedente sequenza video (delle 15.01), Kata era momentaneamente uscita assieme ai bambini, ma aveva subito dopo fatto rientro dentro il cancello.
Il 10 giugno, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Kata si è divisa tra le stanze dello zio materno, Abel, e quelle dello zio e del nonno paterno. E avrebbe giocato anche con l’amichetta figlia della donna che, un anno prima, era rimasta coinvolta in una storia di una partita di droga persa da un coinquilino.
Questa vicenda è finita anch’essa nel mirino degli investigatori. Tanto che la Dda di Firenze, titolare del fascicolo, ha formalizzato una richiesta di rogatoria in Perù per ascoltare tredici persone, tra cui il trafficante di droga, amico della donna, che “perse“ il borsone pieno di marijuana.
Tra le ipotesi in esame, c’è anche questa: e cioè che il rapimento possa essere collegato alla vicenda della droga e che Kata sia stata presa per errore. Così come che qualcuno possa averla rimpatriata. Oppure portata in un altro paese estero. Le circa cinquecento parole chiave “ordinate“ al consulente sugli smartphone sequestrati ai genitori di Kata e ai quattro indagati (tra cui lo zio materno Abel) per il racket delle stanze riassumono un po’ tutte le ipotesi in campo. Dalla più lontana alla più vicina, anche geograficamente, all’Astor, il fulcro del mistero.