OLGA MUGNAINI
Cronaca

Lassù, di fronte al celebre ritratto di Dante dentro al Duomo di Firenze

Una pedana consentirà di salire fino all'altezza del famoso dipinto di Domenico di Michelino del 1465, e ammirare il Sommo Poeta e la rappresentazione della Divina Commedia

Antonio Natali davanti al dipinto di Domenico di Michelino

Firenze, 13 maggio 2021 - E’ forse l’immagine più celebre di Dante, con alle spalle una delle allegorie più riuscite della Divina Commedia, con le tre cantiche rappresentate con diavoli, dannati e penitenti in ascesa sul monte verso il paradiso.

Ma lassù, sulla parete sinistra all’interno della Cattedrale  di Santa Maria del Fiore, non tutti riescono a coglierne i dettagli, le preziosità, le figure e le architetture della città. Così, in occasione dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, l’Opera del Duomo ha ritenuto di rendere omaggio al dipinto di Domenico di Michelino, realizzato nel 1465, grazie a  una pedana che, fino al  31 dicembre, consentirà di salire fino all’altezza della tela. L’installazione   permetterà per la prima volta  una lettura ravvicinata del dipinto dal titolo  “Ritratto di Dante Alighieri, la città di Firenze e l’allegoria della Divina Commedia“.

L’iniziativa, cura di Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi dal 2006 al 2015, è parte del programma di iniziative per l’anniversario del Sommo Poeta, che vede  collaborare tre prestigiose istituzioni fiorentine l’Opera di Santa Maria del Fiore, l’Opera di Santa Croce e la Certosa di Firenze - Comunità di San Leolino.

“Il patto di collaborazione che nel nome di Dante unisce la Fabbricerie del Duomo, quella di Santa Croce e la Certosa di Firenze è un segno concreto di fraternità e di speranza per la città: abbiamo raccolto l’invito di papa Francesco all’impegno per la conoscenza e la diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza - sottolinea don Alessandro Andreini, vicepresidente dell’Opera di Santa Croce e membro della Comunità di San Leolino - Insieme vogliamo dare valore a questo centenario con la particolare urgenza di evidenziare la straordinaria dimensione di fede che caratterizza l’esperienza umana e artistica di Dante, senza la quale è impossibile comprendere la Commedia”. 

“L’opera di Domenico di Michelino è forse il più noto ritratto di Dante Alighieri - afferma Antonio Natali - non a caso nel 2021 è stata chiesta in prestito per molte mostre. C’è parso però inammissibile, proprio nell’anno di Dante, privare per diversi mesi la Cattedrale di Firenze d’una creazione che l’Opera di Santa Maria del Fiore aveva nel Quattrocento voluto commissionare per celebrarne la nascita”.

E appunto per celebrare i duecento anni della nascita di Dante, che nel 1465, l’Opera di Santa Maria del Fiore commissionò questo “monumento dipinto” con lo scopo di esaltare la memoria del poeta nella principale chiesa fiorentina, nel contesto del programma umanistico vòlto a trasformare il Duomo nel Pantheon delle glorie civili, letterarie e religiose cittadine avviato dal Cancelliere Coluccio Salutati. Il ritratto doveva sostituire un precedente dipinto andato perduto, realizzato negli anni venti del Quattrocento da un pittore di nome Mariotto (identificabile con Mariotto di Nardo o Mariotto di Cristofano, il cognato di Masaccio) e incentrato sul tema del ritorno delle ceneri del poeta in patria.

Un ritratto allegorico di Dante, raffigurato in piedi con una corona d'alloro che gli cinge la testa, Dante tiene nella mano sinistra la Commedia aperta sui versi d'esordio e con la destra indica la Porta dell'Inferno. Dietro di lui il Purgatorio e il Paradiso. “Ritto in una scenografia simbolica, evocatrice dei luoghi delle tre cantiche - prosegue Antonio Natali - volge lo sguardo pensoso verso un’epifania lirica di Firenze; che, chiusa entro mura merlate, accavalla le sue architetture, sovrastate dall’imponente e ormai compiuta cupola brunelleschiana. La città sta dirimpetto alla porta dell’Inferno”.

 Una Firenze quattrocentesca con la Cattedrale e la Cupola del Brunelleschi, già coronata dalla palla di bronzo ricoperta d’oro e dalla croce, che al tempo del dipinto non erano state ancora eseguite, ma che l'artista aveva visto nel modello progettato dal Brunelleschi nel 1419. Si vedono anche le mura della seconda cerchia, iniziata nel 1172, le torri del Bargello, della chiesa della Badia fiorentina, del Palazzo Vecchio e il Campanile di Giotto.

Per la storica dell’arte Annamaria Bernacchioni, che a lungo ha studiato questo dipinto e il suo autore: ”Domenico di Michelino trasse probabilmente ispirazione dai ritratti precedenti: quello giottesco della Cappella del Bargello, l'altro di Taddeo Gaddi in Santa Croce (distrutto dal Vasari) e gli esemplari tardo trecenteschi della scomparsa Aula minor di Palazzo Vecchio e del Palazzo del Proconsolo, fino al ritratto di Andrea del Castagno nella villa Carducci di Legnaia”.

“Qui è ritratto Dante tetragono (Par. XVII, v.22), ovvero risoluto nell’esilio - afferma il dantista Jason Houston - mentre fissa lo sguardo solenne sulla città di Firenze e con un gesto suggestivo della mano indica le porte dell'Inferno. Dante tiene aperta la Commedia, invitando il visitatore a considerare attentamente le sue parole”.