ALESSANDRO PISTOLESI
Cronaca

Il peso dei dazi sui vini, i bicchieri si svuotano. “Ordini già cancellati, perdite da 60 milioni”

Sartor, presidente di Ruffino: “Gli importatori americani sono impauriti. Abbiamo un milione di bottiglie che sono bloccate in magazzino. Temiamo enormi ripercussioni anche a livello occupazionale”

Il peso dei dazi sui vini, i bicchieri si svuotano. “Ordini già cancellati, perdite da 60 milioni”

Firenze, 24 marzo 2025 – Altro che ombra a stelle e strisce che incombe minacciosa. I dazi trumpiani sono già una scure pesante per le aziende del vino. Con effetti immediati, oltre che devastanti: “A molti i dazi di Trump possono apparire come un potenziale rischio futuro, dato che sono stati posticipati a metà aprile. In realtà le conseguenze sono già effettive”, assicura Sandro Sartor, presidente e amministratore delegato di Ruffino, tra le realtà più antiche e conosciute dell’enologia italiana. “Qualora una nave partisse oggi dal porto di Livorno arriverebbe a destinazione in America dopo il 16 aprile e nel dubbio, per timore di dover pagare il 200% dei dazi su ogni bottiglia, gli importatori americani hanno già cancellato tutti gli ordini”.

Un contraccolpo pesantissimo per la Toscana. “Adesso ci troviamo con le merci bloccate dentro un magazzino a Livorno – lamenta Sartor –. La metà del nostro fatturato poggia sull’export negli Stati Uniti, portiamo là circa 10 milioni di bottiglie all’anno, forse anche qualcosa di più”. La stima delle perdite mette i brividi: “Abbiamo un fatturato di circa 120 milioni di euro all’anno e ogni mese fatturiamo 5 milioni di euro grazie all’export negli Stati Uniti”. Significa una potenziale ’voragine’ da 60 milioni l’anno. E intanto Ruffino ha quasi un milione di bottiglie rinchiuse in deposito, perché gli importatori americani hanno sospeso gli ordini e chiuso le porte a doppia mandata. Risultato: bicchieri vuoti, magazzini pieni. “Come ogni mese eravamo pronti a far partire oltreoceano quasi un milione di bottiglie – riprende il presidente di Ruffino –, e invece al momento sono ferme. Speriamo che la situazione possa sbloccarsi nelle prossime settimane altrimenti rischiamo guai seri”.

Uno scenario rovente per tutti i produttori vinicoli con il rischio che tra qualche mese gli scaffali statunitensi siano totalmente sprovvisti di vini italiani. E alcuni, in questo senso, hanno voluto giocare d’anticipo. “Temendo questa situazione – spiega Sartor – nei mesi scorsi abbiamo aumentato le nostre giacenze presso gli importatori americani. Per cui, per almeno due o tre mesi, le bottiglie Ruffino saranno presenti sugli scaffali”. Ma poi? Per Sartor, che è anche alla guida di Wine in moderation, associazione internazionale che promuove il bere moderato e responsabile, “il problema va risolto entro qualche settimana”. Altrimenti potrebbe essere troppo tardi. “L’auspicio è che inizi al più presto una negoziazione diplomatica tra l’Unione Europea e la Casa Bianca per rivedere le tariffe al 50% sul whisky e al 200% su vini e champagne, stralciando queste cifre”.

In questa guerra di dazi non serve la calcolatrice per capire che per molte aziende sarà come andare in contro a uno stillicidio: “Estendere i dazi al 200% significa triplicare le tariffe – incalza Sartor –. Adesso negli Usa una bottiglia di Chianti viene venduta di media a circa 12 dollari. Che con i dazi diventano 36 dollari a bottiglia, praticamente il prezzo dello champagne”. Con conseguenze che potrebbero ripercuotersi direttamente sui lavoratori. “Non temiamo contraccolpi sui mercati europei dove comunque manterremo gli stessi prezzi – chiarisce il presidente di Ruffino –. Se la situazione si dovesse protrarre semmai potrebbero esserci ripercussioni a livello occupazionale. Il problema è gigantesco a livello nazionale, non possiamo fare finta di niente”. Il tutto in un momento storico estremamente difficile per il settore vinicolo. “Oltre al calo dei consumi dobbiamo fare i conti anche con la crisi economica. E in più adesso i dazi – conclude Sartor –. Siamo abituati a muoverci tra l’incudine e il martello, ma un martello alla volta, così invece è insostenibile”.

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