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di Luca Gasperoni
FIRENZE
Conoscere la storia per capire il presente. Ma che non sia un privilegio per pochi. "L’arte deve essere popolare" e raggiungere quanti più lettori possibili "credo non ci possa essere risultato più grande per un intellettuale".
Antonio Scurati, autore del romanzo “M. Il figlio del secolo“, premio Strega 2019, è a Firenze per il lancio dell’iniziativa tra Giunti e Unicoop, che vedrà il suo libro venduto ’a serie’ con prezzi ribassati nei punti Coop toscani. Si tratta di un esperimento di "democrazia culturale", spiega lo scrittore milanese che funziona in modo circolare perché "la cultura alimenta la democrazia e a sua volta la democrazia favorisce la diffusione della cultura".
Scurati quanto è importante la lettura per lei?
"Leggendo un libro si apre una porta che ti mette in contatto con un’umanità straniera, presente e passata. Sei vicino a persone che non incontrerai mai e questa è la sua forza".
In M., che incrocia storia e romanzo, riconosce una forza educativa?
"Sì, sono sempre stato un insegnante nella mia vita e sono orgoglioso della sua forza educativa. Perchè bisogna guardare alla storia entrando nello spirito del tempo e credo che i romanzi abbiano questa capacità di raccontare fatti storici in maniera coinvolgente e formativa".
Qual è la situazione culturale del nostro Paese?
"Egemonia degli schermi. Siamo a un cambio di stagione. Bisogna essere avveniristici, né conservatori né reazionari. L’avvenire ha radici antiche: la serializzazione ha radici letterarie. Oggi secondo me le serie tv sono la migliore espressione della narrazione artistica".
Per l’appunto la sua trilogia di M. è destinata a diventare una serie tv. Ci può anticipare qualcosa?
"Non posso dire il nome ma il regista sarà di fama mondiale e straniero. L’opera avrà subito una dimensione internazionale nel suo progetto artistico. L’attore del Duce invece non l’abbiamo ancora individuato".
Una settimana fa è uscito il suo secondo volume, “M. L’uomo della provvidenza“.
"Al centro del primo volume c’è la rivoluzione, la rottura violenta dell’ordine esistente, in questo secondo capitolo invece l’argomento è il fascismo che si fa politica. Per esempio la feroce lotta tra le fazioni per la gestione del potere e la creazione dello stato di polizia. Poi c’è la solitudine di Mussolini che diventa despota, con un potere assoluto, ma è sempre più isolato. È una materia ancora più oscura ma non meno affascinante".
Il titolo di questo secondo volume richiama il concetto di “uomo forte al comando” oggi di forte presa in politica.
"È uno dei vizi del carattere nazionale: attendere l’arrivo dell’uomo con i pieni poteri, un’espressione che è riecheggiata nella cronaca politica degli ultimi tempi. Nella narrazione fascista Mussolini sarebbe stato in grado, sopprimendo la democrazia, di risolvere miracolosamente la complessità inestricabile della società italiana. Il Duce per primo, questo è il tema del libro, si rese conto di non essere in grado di mantenere quanto aveva promesso. Ma da allora tanti, troppi, italiani, non hanno smesso di aspettare personaggi così. Si tratta di una specie di attesa messianica, una forma di minorità della democrazia, quella in cui si attende l’arrivo dell’uomo della provvidenza".
La creazione del consenso fascista trova degli eredi nella scena politica attuale?
"Certamente. La continuità tra i movimenti politici odierni che ostentano un certo disprezzo per la democrazia parlamentare e Mussolini non sta nella matrice fascista ma nella matrice populista. Antipolitica, casta, rottamare sono tutte espressioni importate dalla retorica fascista. Il Duce ha inventato la figura del leader populista che domina ancora la scena. Il modello di oggi è Donald Trump".
E dentro ai confini nazionali?
"I lettori sono intelligenti, una volta che uno offre categorie e coordinate poi le conclusioni le traggono loro. La forza di costruire, lenta e paziente quando si trova davanti alla forza di distruggere rischia di soccombere. Non è sempre così ma la lezione di M. purtroppo è valida ancora oggi".
Guardiamo al futuro e alla tecnologia. Internet può essere lo strumento del fascismo del futuro o l’ultimo baluardo per l’imposizione di un pensiero unico?
"Può diventare entrambe le cose, è già entrambe le cose. Ogni tecnologia è neutra a livello di valori. È una tecnica, puoi farne un buon uso o un cattivo uso. Mussolini quando conquistò il potere aveva due armi: la forza concreta cioè lo squadrismo e la tecnologia del tempo, i giornali. Lui era un efficacissimo giornalista e ne fece una grande uso per la propaganda. Può accadere lo stesso con internet. Ma allo stesso tempo internet è anche veicolo di valori profondamente democratici. È una lotta interna alla tecnica. Difficile immaginare chi la spunterà".