ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Mal di vivere, adolescenti al buio. La storia di Beatrice. "Sulle montagne russe, un anno di solitudine prima della diagnosi”

Il racconto di mamma Barbara: "Una notte all’improvviso vidi uno sguardo folle". "Sono stati tempi difficilissimi: mia figlia si spogliava e scappava di continuo. Ho preso botte da sconosciuti e siamo anche finite dentro, poi l’incontro giusto"

Mal di vivere, adolescenti al buio (foto di repertorio)

Mal di vivere, adolescenti al buio (foto di repertorio)

Firenze, 3 settembre 2023 – Con quell’umore un po’ così. Come quando piove forte e poi viene il sole. E allora si piange. E all’improvviso si ride. All’impazzata. Era così, Beatrice. Un’adolescente inquieta, pensava mamma Barbara. Fino a quella notte. Una maledetta notte d’estate del 2003.

Beatrice aveva diciannove anni. Non sapeva d’avere appena varcato la soglia dell’inferno. Non lo capiva. Era come fuori di sé. Una notte allucinata. "E il risveglio, alla luce vidi i suoi occhi: non era lei, aveva un’espressione folle. Mi faceva paura. Ero impressionata. Non la riconoscevo", racconta Barbara che oggi ha sessant’anni. Ed è finalmente felice.

Cosa successe, Barbara?

"Chiamai mia sorella, che mi è sempre stata vicina. Insieme portammo Beatrice al pronto soccorso di Careggi. Fu un’esperienza devastante. Perché lei scappava da tutte le parti, si tirava su la gonna, si buttava addosso alle persone, faceva gesti inconsulti, si faceva la pipì addosso".

Siete usciti dall’ospedale con una diagnosi?

"Macché. Hanno cominciato a rimbalzarci da un reparto all’altro. Dalle analisi risultava pulita, non aveva preso droghe. Ma allora che cosa aveva? Ci mandarono a casa così. E io mi sentii per la prima volta persa. Impotente. Incapace di darmi risposte adeguate e di contenere quella tempesta sconosciuta".

E’ accaduto all’improvviso? Non aveva mai notato qualche ombra?

"Ombre sì, nell’ultimo periodo...".

Che cosa aveva fatto?

"Faceva la cameriera e da qualche tempo lei e il suo ragazzo mettevano via i soldi per fare un viaggio in India. Erano stati rimbambiti da un santone. Io mi opponevo".

Quindi qualcosa era successo?

"Sì, ma proprio in quel periodo. Con Leonardo avevano cominciato a frequentare personaggi equivoci. Bevevano, fumavano. Io li seguivo dappertutto".

E poi?

"Poi dopo quella corsa in ospedale abbiamo vissuto i mesi più brutti e difficili della vita. Io ancora non ero separata e non sapevo che mio marito soffrisse di una sindrome bipolare".

Si è sentita sola?

"Tanto, nel primo anno. Per fortuna avevo mia sorella. Ho creduto di impazzire. Non ce la facevo. Seguivo ovunque mia figlia che era incontenibile. Si innamorava di chiunque. Scappava di casa. Sono stata quasi picchiata da un gruppo di balordi per proteggerla. Una volta ci hanno anche portate dentro, interrogate dai carabinieri".

Quando ha saputo che cos’aveva?

"Dopo due mesi e mezzo in cui è successo veramente di tutto, e se ha visto il film ’La pazza gioia’ di Virzì può capire di cosa parlo, mia figlia è stata ricoverata. Sedata. Dall’ospedale uscì completamente depressa. Ma ancora non avevano capito cosa avesse. O non ce lo avevano detto".

Poi?

"L’incontro con uno psichiatra. Con quello giusto. Finalmente. Mi spiegò che se il padre aveva una sindrome bipolare contenibile, lei l’aveva ereditata alla massima potenza. Che si poteva curare, ma ci voleva perseveranza, servivano aiuti. Insomma, mi disse che non sarebbe stato facile".

Come ha fatto?

"Mi sono separata. Ho preso tutte le forza che avevo. E dopo un anno sulle montagne russe, grazie all’aiuto di mia sorella, della comunità di amici abbiamo cominciato a capirci qualcosa".

I servizi hanno funzionato?

"Io devo tantissimo al centro di riabilitazione ’Fili e colori’. Sapevo di non poterla aiutare da sola. Stare con me non poteva servire. Invece condividere percorsi con altre persone che vivevano i suoi stessi problemi e bravi professionisti l’hanno aiutata tantissimo. Nella sfortuna siamo state fortunate".

Ma non è finita lì?

"Eh no. La vita di Beatrice è andata avanti con lunghi periodi alternati tra ricoveri e pace. Rifiutava i farmaci. Ha fatto un figlio a 25 anni, Mattia. Io glielo portavo nel giardino della clinica per farglielo vedere quando era ricoverata".

E ora?

"Ha 39 anni. Si cura. Il bambino l’ha trasformata. Da tre anni nessun ricovero... E io sono finalmente felice. Orgogliosa della mia bambina. Comunque vada abbiamo vinto".

Ilaria Ulivelli